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Robert Altman, il regista anticonformista che ha cambiato il cinema

In occasione del 90° anniversario della sua nascita (20 febbraio), oggi ci saranno due appuntamenti per celebrare il grande regista americano Robert Altman. A Milano, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con il Master “FareTv. Gestione, sviluppo, comunicazione” alle ore 14:30 si terrà una proiezione speciale per gli studenti. A Roma invece,  presso la Casa del Cinema, alle ore 16:00 sarà proiettato il documentario Altman di Ron Mann, presentato in concorso alla 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, preceduto dal cortometraggio Pot Au Feu, firmato dallo stesso Altman, perfetto emblema dell’animo anticonformista del regista.

Robert Altman (foto Michael Grecco)

Robert Altman (foto Michael Grecco)

Allo stesso modo anche il canale Studio Universal (Mediaset Premium sul dtt) presenterà una serie di appuntamenti dedicati al ricordo del cineasta: sabato 7 febbraio si inizia alle 21.15 con Prêt-à-Porter (1994), seguito alle 23.30 dal sopracitato corto Pot au Feu e infine, alle 23.45, Altman il documentario di Ron Mann che ripercorre la vita professionale dell’artista e il rapporto con la moglie Kathryn; lunedì 9 febbraio, alle 23.50, la trasmissione di The Delinquents (1957), film d’esordio del regista da lui scritto e diretto nel 1957 e mai distribuito in Italia, presentato nello spazio Lost & Found dedicato ai tesori dimenticati del cinema.

Presentato oggi a Roma e domani sul canale tv, il documentario Altman (2014) di Mann offre uno sguardo sulla vita e sulle opere di questo autore anticonformista e ribelle, innovatore e narratore, uno sperimentatore un po’ folle, un giocatore d’azzardo, più semplicemente un artista. Deciso a non piegarsi alle convenzioni di Hollywood o ai suoi dirigenti, Altman si fece amici e nemici e il suo stile unico gli valse lodi in tutto il mondo – ma anche qualche critica feroce – permettendogli di dimostrare che è possibile fare film veramente indipendenti.

La foto-copertina del documentario "Altman"

La foto-copertina del documentario “Altman”

Presentato alla scorsa Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, il documentario esplora e celebra l’epico viaggio di redenzione, lungo cinquant’anni, di uno dei registi più importanti e influenti della storia del cinema, attraverso interviste rare, estratti da film rappresentativi, immagini d’archivio e riflessioni dei familiari e dei suoi più noti collaboratori. Il termine stesso “altmaniano” è utilizzato per indicare uno stile cinematografico caratterizzato da humor nero, coreografie caotiche, dialoghi sovrapposti e talvolta oscuri, trame a più livelli, personaggi iconoclastici, fotografia onnisciente e un metodo d’improvvisazione di gruppo noto come seat-of-the-pants.

Con lo stesso compianto regista a fare da guida, Altman conduce il pubblico in un lungo viaggio rivelatore attraverso gli alti e bassi della vita e della carriera del visionario e inflessibile regista, attraverso una forma che ricorda il suo stesso stile di regia. Utilizzando estratti scelti tra decine di film e la partecipazione di attori chiave per il regista (Lily Tomlin, Robin Williams, Lyle Lovett, Julianne Moore, Elliott Gould, Sally Kellerman, Philip Baker Hall, Paul Thomas Anderson) e familiari (la vedova Kathryn Altman).

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Pot Au Feu, l’inedito corto di Altman, fa parte invece  di una trilogia di tre mini-film (gli altri due  sono The Kathryn Reed Story e Party) girati dal regista tra il 1965 e il 1966 con la Lion’Gate, la produzione che il maestro aveva fondato nel ’63, dimenticati per anni e riscoperti dallo stesso regista Ron Mann. Pot au feu, spiritosamente firmato da Robert Vieux-Homme è un gioco folle, irriverente e politicamente scorretto in cui, mentre una voce suadente illustra la ricetta del piatto francese, ovunque si fuma erba.

Si fuma in casa, in strada, in auto, in barca, sull’ottovolante, fumano giovani coppie, allegre signore d’età, uomini austeri, ricchi e poveri. Una follia che però attirò l’attenzione del produttore Ingo Preminger, che chiamò Altman per la sceneggiatura di M.A.S.H.. E fu solo l’inizio di una magnifica carriera.

Un frame del corto "Pot Au Feu"

Un frame del corto “Pot Au Feu”

Una carriera che iniziò con The Delinquents, il suo film d’esordio: Scotty ha 18 anni e Janice 16. Sono innamorati, vivono in periferia a Kansas City e i genitori di entrambi non vedono di buon occhio il loro legame. Chobby, capo di una gang giovanile, si offre di andare a prelevare Janice per portarla ad una festa in cui incontrare Scotty. Nel corso della serata in cui scorre l’alcol, sopraggiunge la polizia. Chobby sospetta che sia stato Scotty a fare la spia e decide di punirlo. Gli Anni Cinquanta vedono nascere un nuovo filone narrativo, quello dei teen movies, che ha i suoi vertici in Il selvaggio e in Gioventù bruciata. Il trentenne Robert Altman che ha realizzato numerosi documentari industriali si vede offrire l’opportunità di scrivere e girare un lungometraggio da Elmer Rhoden, responsabile di una catena di sale cinematografiche di Kansas City sua città natale.

Decide di attorniarsi di attori con cui ha già lavorato in teatro ma per i ruoli principali fa casting in California per offrire al film uno stile hollywoodiano. Scritto in cinque giorni e girato in tre settimane il film non ebbe il successo sperato. Fu grazie ad un altro grande maestro del cinema Alfred Hitchcock che per Altman si aprirono le porte del grande cinema. Vedendo The Delinquents, Hitchcock ne fu così impressionato da offrire ad Altman la regia di uno degli episodi della serie televisiva Alfred Hitchcock presenta ed aprirgli in tal modo le porte per altre regie.

"The Delinquents" (1957)

“The Delinquents” (1957)

Robert Altman cominciava così, da un film non eccezionale, uno straordinario percorso. Scritto e diretto dal regista nel 1957, è interpretato da Tom Laughlin, Peter Miller, Richard Bakalyan e Rosemary Howard.

“La politica non è come il cinema, spesso vincono i ‘cattivi’”

Robert Altman

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