Toni Servillo è la voce narrante di Zanna Bianca, il nuovo lungometraggio diretto da Alexandre Espigares e tratto dal romanzo di Jack London che arriva per la prima volta sul grande schermo in un notevole film d’animazione dallo stile raffinato e pittorico, distribuito da Adler Entertainment, nelle sale dall’11 ottobre.
Il film
Zanna Bianca è un fiero e coraggioso cane lupo. Dopo essere cresciuto negli spazi innevati e ostili del Grande Nord, viene raccolto da Castoro Grigio e dalla sua tribù indiana. Ma la malvagità degli esseri umani obbliga Castoro Grigio a cedere l’animale a un uomo crudele e malvagio. Zanna Bianca viene salvato da una coppia di brave persone, grazie alle quali imparerà a controllare il suo istinto selvaggio, diventando il loro amico fedele.
Vi presentiamo due dichiarazioni di Alexandre Espirages, che presenta così il film, attraverso le sue ambizioni e le differenze con il libro.
Zanna Bianca e la natura, senza troppe parole
“Il mio primo pensiero è stato quello di farne un western all’italiana. Essendo un grande fan di questo genere, intravedevo l’opportunità di percorrere questa strada. Per una volta tanto gli animali non parlavano e non cantavano. La logica era quella di seguire l’animale nella natura, senza dialoghi; un presupposto che ho voluto preservare a qualsiasi costo. Anche quando si passava vicino agli esseri umani non volevo che ci fossero troppi dialoghi. Un film, secondo me, deve raccontarsi prima di tutto attraverso le immagini, non attraverso le parole. Senza voler criticare nessuno, ritengo che i film di animazione spesso abbiano la tendenza a spiegare eccessivamente la trama, a voler prendere troppo lo spettatore per mano. Soprattutto i bambini, perché spesso si teme che non riescano a capire tutto; cosa su cui io non sono assolutamente d’accordo“.
La violenza nel romanzo e nel film
“Avevo solo un’immagine mentale di quel romanzo che conoscevo di nome, ma che non avevo mai letto. Avevo una sorta di immagine dorata del lupo nella sua foresta e di quei grandi spazi, che, però, è molto lontana dal tono vero del romanzo. Mi sono reso conto che anche le persone che hanno letto il romanzo, spesso, non ricordano la violenza, né quei passaggi del libro, per così dire, meno affascinanti. Ci si ricorda più volentieri del lupacchiotto che corre tra i boschi insieme a sua madre, ma quasi mai del resto, come i combattimenti dei cani, o gli uomini che vengono divorati dai lupi. Perciò ho voluto riscrivere la sceneggiatura in modo che la violenza non figurasse nelle immagini, ma altrove. Facendola sentire, ma senza mostrarla. In sintesi, ho cercato di recuperare quello che si perdeva nelle immagini, attraverso il suono e la luce“.