Gherardo Gossi 0 ph Claudia Rolando

Intervista – Gherardo Gossi: “Tradurre le idee in immagini, la mia sfida più bella”

Sabato 12 marzo il 21° Glocal Film Festival conferirà il Premio Riserva Carlo Alberto – riservato ai professionisti del cinema che hanno uno stretto legame con Torino e con il Piemonte – a Gherardo Gossi, direttore della fotografia nato all’ombra della Mole e che, lungo la sua trentennale carriera, ha all’attivo oltre sessanta film tra fiction e documentari e si è guadagnato numerose candidature ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento. 

Un giovanissimo Gherardo Gossi con la macchina da presa in montagna

Un giovanissimo Gherardo Gossi con la macchina da presa in montagna

30 anni di grandi collaborazioni

Qualcuno è molto tecnico, qualcuno più visionario, qualcuno è più indipendente e senza regole fisse e io, ogni volta, mi devo reinventare. È la sfida più bella del mio mestiere: immergermi nello sguardo di ognuno di loro e aiutarli a trasformare le idee in immagini”.  Parla così del proprio lavoro Gherardo Gossi (che con passione insegna ai ragazzi della Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté), che trent’anni fa (1992) faceva il suo esordio al cinema come direttore della fotografia de Il Caso Martello di Guido Chiesa, un regista che ritroverà più avanti in diversi altri film, su tutti Il Partigiano Johnny (2000) e Lavorare Con Lentezza (2004). Ha lavorato lungamente anche con Daniele Gaglianone (citiamo I Nostri Anni, 2000, Ruggine, 2011, e La Mia Classe, 2013), e con tanti altri autori: da Davide Ferrario (Anime Fiammeggianti , 1994, e La Strada di Levi, 2006) a Emma Dante (in Via Castellana Bandiera, 2013, e Le Sorelle Macaluso, 2020), e poi ancora Alessandro Baricco (Lezione 21, 2009), Luciano Ligabue (Da Zero a Dieci, 2002), Susanna Nicchiarelli (Cosmonauta, 2009), Emanuele Scaringi (La Profezia Dell’Armadillo, 2018), Francesco Amato (18 Regali, 2020), Paola Randi (La Befana Vien Di Notte: Le Origini, 2021) e Matteo Fresi (Il Muto di Gallura, 2021).

Il cinema pandemico

Tra i registi con i quali ha fatto cinema spicca Daniele Vicari con cui è ora al lavoro a Bruxelles per le riprese di Orlando, dopo una collaborazione costruita su oltre una decina di titoli, tra cui Il Passato è Una Terra Straniera (2008), Diaz (2012) e il recente Il Giorno e La Notte (2021), “nato – racconta Gossi dalla necessità mia e di Daniele Vicari di ribellarci al dramma del Covid, all’immobilismo cui ci obbligava il lockdown. Un’esperienza che mi ha anche dato fiducia per il futuro: nonostante il periodo difficile, che non è ancora passato, sono certo che il cinema troverà sempre modi nuovi per reinventarsi”.

Gherardo Gossi (a destra) con il regista Daniele Vicari

Gherardo Gossi (a destra) con il regista Daniele Vicari

Masterclass e Tavola Rotonda

Sabato 12 marzo Gherardo Gossi sarà protagonista di diversi momenti presso il CineTeatro Baretti: dalla masterclass Girare Un Film Con Lo Smartphone in cui racconterà la propria esperienza di DOP fino alla realizzazione de Il Giorno e la Notte di Daniele Vicari, film girato durante il primo lockdown proprio con uno smartphone, che verrà mostrato nel corso della masterclass (9.00 – 13.00, Baretti. Iscrizioni bit.ly/GlocalFF_masterclassGOSSI); alla Tavola Rotonda con i suoi registi storici Chiesa, Vicari, Ferrario e Gaglianone (ore 14.00, Cineteatro Baretti. Ingresso libero) fino all’apice della serata durante la quale riceverà il Premio Riserva Carlo Alberto

Il restauro de Il Partigiano Johnny

Oltre alla premiazione, l’appuntamento delle ore 21.00 al Cinema Massimo MNC propone la proiezione (al Cinema Massimo, sala 3 Soldati) in anteprima della versione restaurata nei laboratori di Cinecittà dall’Istituto Luce con il contributo del Ministero della Cultura de Il Partigiano Johnny, parte del calendario del Centenario della nascita di Beppe Fenoglio e introdotta dagli ospiti Sergio Toffetti (storico del cinema), Guido Chiesa (regista), Margherita Fenoglio (Presidente Comitato Promotore Centenario Beppe Fenoglio) e Piero Negri Scaglione (giornalista e biografo di Beppe Fenoglio). La pellicola, realizzata nel 2000, è ambientata duranate la Seconda Guerra Mondiale: dopo l’armistizio lo studente di letteratura inglese Johnny (Stefano Dionisi), disertore, si sposta tra bande di partigiani scoprendo che quella vita è molto distante dall’avventura poetica che si era immaginato. Lunedì 14 marzo, infine, ci sarà la proiezione di altri due titoli scelti da Gossi: Materiale Resistente, il documentario del 1995 diretto da Guido Chiesa e Davide Ferrario (ore 15.30, Cinema Massimo) e Ruggine (2011) di Daniele Gaglianone (ore 17.30, Cinema Massimo).

Gherardo Gossi insieme a Valerio Mastandrea

Gherardo Gossi insieme a Valerio Mastandrea

Intervista a Gherardo Gossi

Per me è stato un enorme piacere potere intervistare Gherardo Gossi.

Cosa prova nel ricevere il Premio Riserva Carlo Alberto?

Sono molto soddisfatto di ricevere questo premio, credo sia un riconoscimento, da parte della città dove sono nato e cresciuto, del mio lavoro, e questo per me è molto importante.

Un’anticipazione della sua masterclass: dal punto di vista tecnico-artistico, cosa significa “girare un film con lo smartphone”?

Significa appropriarsi di una tecnologia alla portata di tutti e di utilizzarla per il racconto cinematografico, che rappresenta sempre una sfida. L’obiettivo del nostro incontro sarà quello di condividere un’esperienza: raccontare le proprie storie e, attraverso esse, esprimere le proprie idee.

Terrà anche una Tavola Rotonda con diversi con i quali ha lavorato come direttore della fotografia. Qual è il tratto distintivo della sua arte e del suo sentire che ha illuminato ogni opera cinematografica alla quale ha preso parte?

Sono felicissimo di aver lavorato con tutti questi registi: ciascuno di loro rappresenta una parte importante della mia vita e della mia carriera professionale perchè ogni esperienza insieme a loro è stata per me estremamente formativa. Ognuno di questi registi ha una sua personale visione del mondo per cui le grandi sfide che ho dovuto affrontare sono state quelle di restituire ogni loro idea e immaginario. È il bello del mio lavoro: ogni volta che mi approccio ad un nuovo film ascolto cosa il regista vuole esprimere e lo traduco nella giusta immagine ed atmosfera.

Fabrizio Gifuni (a sinistra) e Stefano Dionisi ne "Il Partigiano Johnny"

Fabrizio Gifuni (a sinistra) e Stefano Dionisi ne “Il Partigiano Johnny”

Di particolare impatto, soprattutto ora in tempo di Guerra, poter assistere al restauro de Il Partigiano Johnny. Cosa significa rivedere quella pellicola ora, adesso?

Il Partigiano Johnny digitalizzato è una grande opportunità per poter rivedere e riscoprire un film che per me, e il regista Guido Chiesa, è stato importantissimo. Venne realizzato con l’obiettivo di raccontare cosa vuole dire la Guerra e, in particolare, cosa è stata la Guerra di Liberazione per far sì che oggi le guerre non ci siano più. In questo momento di Guerra però, stiamo provando nuovamente il dolore della morte, che è universale, riguarda tutti. Un film, in generale il cinema, può essere sempre da insegnamento, un monito a cercare strade alternative allo scontro. Ricordo che il lavoro di messinscena, di fotografia e di immagine, aveva l’obiettivo di restituire l’angoscia che si prova e si vive in quei momenti: un motivo in più per schierarsi fortemente contro queste guerre che, a tutti noi, possono solo fare del male.

Intervista di Giacomo Aricò 

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