Ph. Jan Persson/Redferns

Aretha Franklin, 80 anni fa nasceva una voce leggendaria

Ph. Jan Persson/Redferns

Il 25 marzo del 1942 nasceva a Memphis una delle donne più incredibili di tutti i tempi: Aretha Franklin. Ricordiamo questa straordinaria cantante attraverso due pellicole: Respect, il film diretto da Liesl Tommy (2021) e Amazing Grace, il documentario di Sydney Pollack (1972).

Il film

Dall’infanzia – quando cantava nel coro gospel della chiesa di suo padre C.L. Franklin (Forest Whitaker) – fino alla celebrità internazionale. Respect è la storia vera del viaggio di Aretha Franklin (Jennifer Hudson) per trovare la sua voce, nel mezzo del turbolento panorama sociale e politico dell’America degli anni ’60. La protagonista Jennifer Hudson sottolinea l’importanza del rapporto tra Aretha e suo padre: “il più grande impatto sulla vita di Aretha è stato sicuramente suo padre – spiega l’attrice – penso che sia colui che l’abbia spinta verso il suo dono e l’abbia aiutata a padroneggiarlo. Ci sono stati momenti in cui non aveva molta voglia di cantare, ma era una vocazione. Lui glielo ricordava spesso, e penso che in un certo senso fosse diventata simbolicamente la first lady della chiesa. Ciò ha contribuito a portare Aretha alla sua missione e alla sua musica, uno dei motivi per cui è diventata così esperta e di grande impatto al culmine del movimento per i diritti civiliHa avuto modo di servire la gente ed è diventata una voce e una sostenitrice della giustizia sociale; la musica ha sostenuto questa [sovrapposizione] e viceversa, e penso che la gente abbia contribuito a renderla così influente come lo è ancora oggi“.

La voce come un dono benedetto

La musica di Aretha Franklin è davvero un pezzo di storia americana e tocca tutti in modo emotivo, intimo e potente. Jennifer Hudson parla dell’enorme dono della voce di Aretha Franklin: “Il suo modo di cantare, la conoscenza della sua vocazione, la potremmo definire la sua benedizione. Era la sua grazia salvifica. Questo era il suo conforto, che si vedrà in questo film. Imparerete che [la musica] è diventata la sua guaritrice. Il palco è diventato la sua casa, e quella era la sua zona di comfort. Era qualcosa che le apparteneva: ogni volta che cantava, andava in quel posto. Quello era il suo porto sicuro, la sua zona di comfort, il suo rifugio, la sua espressione“.

Una piccola Aretha Franklin (Skye Dakota Turner) suona al piano con la madre Barbara (Audra McDonald) - Photo credit: Quantrell D. Colbert

Una piccola Aretha Franklin (Skye Dakota Turner) suona al piano con la madre Barbara (Audra McDonald)
– Photo credit: Quantrell D. Colbert

La musica soul come emancipazione civile

La voce di Aretha Franklin è considerata la voce più bella, più potente e culturalmente più significativa di tutti i tempi. Le canzoni di successo della Regina del Soul Respect(You Make Me Feel Like A) Natural Woman, I Say a Little Prayer Think, solo per citarne alcune, sono diventate parte del repertorio musicale americano – tutti classici che hanno definito la resistenza e la resilienza delle persone di colore durante il Civil Rights Movement, il Black Power Movement, e il Women’s Movement – e risuonano ancora oggi tutte le volte in cui il mondo è in crisi e ha bisogno di sentimenti.

La musica soul è una forma d’arte nata dall’esperienza delle persone di colore dalla schiavitù all’emancipazione, dalla Grande Migrazione alla creazione e allo sviluppo del ceto medio. Con radici nello spirituals, nella musica gospel, blues, jazz, doo-wop e musica di protesta, la musica soul è esattamente questo: musica e voci che provengono dalle profondità dell’esperienza Black in America e sono piene di emozione, amore, trauma generazionale che deriva dalla schiavitù, razzismo strutturale e sistemico, e ottimismo intriso di una fede incrollabile. Il cuore della musica soul è l’espressione profondamente emotiva di una confluenza di gioia e dolore – spesso influenzata dall’amore, dal dolore e dalla liberazione – nel tentativo di trovare la salvezza in un mondo che soggioga, opprime, emargina e tenta di sminuire o cancellare l’esistenza stessa e il contributo delle persone di colore in America. Ma c’è anche un senso di ottimismo e incoraggiamento non solo a sopravvivere, ma a prosperare, superare e vincere l’oppressione nella ricerca della gioia. La voce, la musica, la vita e l’eredità di Aretha Franklin rappresentano la lotta di quell’esperienza e offrono una rivisitazione di quella liberazione, della salvezza emotiva che parla agli afroamericani, ma anche alla più grande esperienza umana a livello globale.

Aretha (Jennifer Hudson) con suo padre C.L. Franklin (Forest Whitaker) - Photo credit: Quantrell D. Colbert

Aretha (Jennifer Hudson) con suo padre C.L. Franklin (Forest Whitaker) – Photo credit: Quantrell D. Colbert

Un modello ancora (e soprattutto) oggi

La storia della signora Franklin è quella che risuona profondamente in questo momento nel Black Lives Matter Movement, mentre il mondo sta attraversando una resa dei conti razziale catartica e il punto di svolta di una rivoluzione culturale in cui diverse identità stanno reclamando di diritto le loro identità e la loro visibilità. Le persone sono stanche della supremazia bianca, del patriarcato e dell’ipermascolinità, vogliono trovare la libertà nella propria autenticità in ogni intersezione del loro essere: vogliono essere viste, ascoltate e rispettate. Aretha Franklin ha creato una road map attraverso la propria esperienza di vita, da bambina prodigio della musica cresciuta con grande privilegio in una famiglia di Detroit che ha compreso l’importanza della protesta sociale, della giustizia razziale e dell’organizzazione della comunità, che era incentrata sulla chiesa: fede, lavoro e autorealizzazione. E anche se la signora Franklin sarà sempre ricordata per avere la voce più bella di tutti i tempi, la scoperta della propria identità non è molto nota a tutti. Aretha Franklin è un modello per come abbia affrontato e superato il dolore, che sarebbe diventato l’ispirazione artistica che ha creato capolavori musicali che hanno salvato molte vite.

Liesl Tommy racconta…

“Oltre a Jennifer Hudson, non esiste al mondo una fan di Aretha Franklin più appassionata di me. Per questo, quando per la prima volta mi è stato chiesto un parere su questo film sapevo fin da subito di volere che si concentrasse su un periodo specifico e formativo della vita della signora Franklin, che raccontasse cose che il pubblico in generale non sa di lei. Ha dovuto intraprendere un percorso non facile per diventare la musicista brillante che conosciamo. Per me, quel viaggio rappresenta l’indagine più profonda della sua eredità. Fin dall’inizio, ho visto questo film come la storia di una giovane donna con la voce più emozionante e forte del mondo, che stava lottando per trovare se stessa“.

Photo credit: Quantrell D. Colbert © 2021 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc. All Rights Reserved.

Photo credit: Quantrell D. Colbert – © 2021 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc. All Rights Reserved.

“Aretha Franklin amava le persone di colore. Io amo le persone di colore. Volevo assicurarmi che queste persone si sentissero amate da questo film nel modo in cui le abbiamo rappresentate; abbiamo cercato di dare loro tempo e spazio per vivere le loro vite, respirare e aprirsi. Abbiamo visto uomini bianchi dirci chi siamo per così tanto tempo, e questa è stata la nostra opportunità per dire chi siamo. Questa autenticità è in ogni fotogramma di questo film. Inoltre, volevo davvero mostrare un’esperienza significativa dell’infanzia di una giovane ragazza afroamericana, e Tracey Scott Wilson era proprio lì con me. Non ci sono abbastanza film in giro sulle persone di colore ricche e di successo. La signora Franklin proveniva da una famiglia agiata e la sua dinamica familiare risuona in tutta la pellicola”.

“Essendo io stessa una bambina che è cresciuta ascoltando persone che parlavano a tavola di lotta per la libertà, per se stesse e per le generazioni future, so in prima persona che questa cosa influisce sulla tua vita per sempre. È quello che sei. Aretha lo aveva capito, ed è questo che ha creato la sua arte, l’attivismo. Quando parli della Regina del Soul, la sua chiesa era la sua forza. Quando ho iniziato ad ascoltare Aretha Franklin da ragazza, sono sempre stata catturata dall’emozione con cui cantava e da quel modo di sentire le cose così profondamente. Milioni di persone hanno una bella voce, ma lei ha incanalato le sue emozioni nella sua musica in un modo che nessun altro avrebbe potuto fare. A quel tempo, non sapevo che fosse una parte di lei e della sua storia, la musica come protesta”.

Jennifer Hudson sul set con la regista Liesl Tommy - Photo credit: Quantrell D. Colbert

Jennifer Hudson sul set con la regista Liesl Tommy – Photo credit: Quantrell D. Colbert

Un privilegio del fare arte è quello di curare le persone. Metaforicamente, tutta la mia arte riporta alla mia infanzia nel bel mezzo dell’apartheid in Sud Africa. Tutta la mia arte è politica. Sono stata in grado di guarire me stessa attraverso la mia arte, e una delle intenzioni dietro questo film era proprio mostrare che la signora Franklin fosse in grado di guarire se stessa attraverso la sua arte. Per me era essenziale che le persone sentissero la profondità di Aretha come persona. Ogni volta che io e Jennifer parlavamo di lei, quello che riecheggiava sempre in entrambe erano la sua complessità e la sua profondità. Ecco chi volevamo portare sullo schermo”.

Amazing Grace

Si tratta del documentario diretto nel 1972 da Sidney Pollack – che racconta il più grande successo gospel di tutti i tempi, la registrazione dell’omonimo album di Aretha Franklin.

Il film

Mentre Aretha Franklin stava pianificando il nuovo album, nel 1972 Warner Brothers accettò di filmarne la sessione musicale. Warner Communications, società capogruppo di Warner Brothers Films e delle etichette Warner, Reprise, Elektra e Atlantic, aveva ai tempi raccolto i ricchi frutti di una parola dell’epoca, la famosa “sinergia aziendale”, grazie al successo del film di Michael Wadleigh del 1970 e dell’album Woodstock. Warner pagò $100,000 per acquistarne i diritti, mentre il film incassò $17 milioni e l’album raggiunse i 3 milioni di copie vendute. Warner Communications sperava che Amazing Grace riuscisse a ottenere lo stesso successo.

Il Direttore dei servizi musicali di Warner Brothers, Joe Boyd (già produttore discografico di Nick Drake e dei Pink Floyd), propose di ingaggiare il documentarista Jim Signorelli e il suo team di cameramen specializzato in 16mm. Tuttavia, prima che il contratto con Signorelli venisse siglato, il CEO di Warner Brothers, Ted Ashley, menzionò il progetto a Sydney Pollack durante un loro incontro. Ai tempi, Pollack era stato da poco nominato agli Academy Awards come Migliore Regia per il film They Shoot Horses Don’t They. Pollack si propose immediatamente per essere coinvolto nel progetto, non appena sentì che Franklin era la protagonista. Registrato dal vivo nella chiesa del Reverendo James Cleveland a Watts (California) davanti a un pubblico decisamente vivace e all’intera congregazione, Amazing Grace sarebbe diventato l’album più venduto in assoluto della carriera di Franklin e l’album gospel più popolare di tutti i tempi. Tuttavia, il film non fu mai diffuso pubblicamente.

Amazing Grace 1

Sydney Pollack era un regista di lungometraggi. Mentre si registra e si gira, il suono di solito viene sincronizzato a posteriori. Dopo due giorni di intensa attività di registrazione, i montatori alzarono le mani in segno di arresa.  Non c’erano applauditori o altri segni che potessero guidare il suono in modo che questo fosse in sincronia con l’immagine. Pollack assunse lettori di labbra e montatori specializzati, ma non ebbe fortuna. Il film rimase incompiuto per circa 40 anni, prima che il precedente ex produttore della Atlantic – nonché protetto di Wexler – Alan Elliott venisse in soccorso di Wexler e Pollack. Insieme – Elliott, Wexler e Pollack – tornarono da Warner Brothers dotati di una nuova tecnologia digitale capace di risintonizzare suono e immagini e di creare quindi un film del tutto nuovo a partire dal materiale grezzo precedentemente registrato. Quasi mezzo secolo dopo, questo film vuole essere una testimonianza della grandezza di Aretha Franklin e una sorta di macchina del tempo capace di mostraci un momento cruciale della storia musicale e sociale americana.

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