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Dante, nel film di Pupi Avati la storia di Alighieri raccontata dal Boccaccio (Sergio Castellitto)

Da giovedì 29 settembre arriverà al cinema Dante, il nuovo film scritto e diretto dal maestro Pupi Avati che racconta la vicenda umana di Dante Alighieri, fra i grandi poeti certamente il più grande e il più noto nel mondo. Protagonista della pellicola un ricco cast formato da: Sergio Castellitto, Alessandro Sperduti, Enrico Lo Verso, Alessandro Haber, Morena Gentile, il compianto Gianni Cavina, Carlotta Gamba, Erica Blanc, Leopoldo Mastelloni, Paolo Graziosi, Mariano Rigillo, Giulio Pizzirani, Romano Reggiani, Ludovica Pedetta, Milena Vukotic, Valeria D’Obici e Eliana Miglio.

Il film

Settembre 1350. Giovanni Boccaccio (Sergio Castellitto) viene incaricato di portare dieci fiorini d’oro come risarcimento simbolico a Suor Beatrice (Valeria D’Obici), figlia di Dante Alighieri (interpretato da anziano da Giulio Pizzirani e da giovane da Alessandro Sperduti), monaca a Ravenna nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi. Dante è morto in esilio nel 1321 mentre la sua fama, grazie alla divulgazione della Commedia, si è diffusa ovunque. Gli ultimi suoi vent’anni sono stati terribili, in continua fuga, cercando ospitalità presso le varie corti, con una condanna al rogo e alla decapitazione inflitta sia a lui che ai suoi figli maschi fuggiti a loro volta da Firenze. Intanto nel capoluogo toscano gli equilibri di potere sono profondamente mutati e la città cerca una riappacificazione, seppure postuma, con un concittadino di tale valore. I dieci fiorini sarebbero il risarcimento simbolico per la confisca dei beni e per la condanna ad essere arso vivo e decapitato decretata ormai quasi mezzo secolo prima dal comune fiorentino.

Contro quella parte del mondo ecclesiale che considera la Commedia opera diabolica, Giovanni Boccaccio accetta quest’incarico nella convinzione di poter svolgere un’indagine su Dante che gli permetta di narrarne la vicenda umana e le ingiustizie patite. Nel suo lungo viaggio Boccaccio oltre alla figlia incontrerà chi, negli ultimi anni dell’esilio ravennate, diede riparo e offrì accoglienza e chi, al contrario, respinse e mise in fuga l’esule. Ripercorrendo da Firenze a Ravenna una parte di quello che fu il tragitto di Dante, sostando negli stessi conventi, negli stessi borghi, negli stessi castelli, nello spalancarsi delle stesse biblioteche, nelle domande che pone e nelle risposte che ottiene, Boccaccio ricostruisce la vicenda umana di Dante, fino a poterci narrare la sua intera storia.

Alessandro Sperduti è Dante Alighieri (foto Bravini)

Alessandro Sperduti è Dante Alighieri (foto Bravini)

Pupi Avati racconta…

“A farmi intravedere la possibilità di raccontare quell’essere umano ineffabile che è stato l’Alighieri è stata la scoperta della missione di Giovanni Boccaccio nel 1350: quella di portare a Ravenna, alla figlia di Dante, una borsa di dieci fiorini per risarcirla del tanto male che i fiorentini avevano fatto a suo padre. La gran parte della mia narrazione la debbo quindi allo stesso Boccaccio che di Dante fu biografo e appassionato divulgatore. Il resto è invece frutto di congetture e suggestioni che mi provengono da un ventennio di disparate letture, in una continua consultazione degli esimi dantisti citati in esergo”.

“Nella realtà Dante era entrato nella mia vita dapprima attraverso la lettura di cronisti a lui coevi (Villani, Vellluti, Compagni etc) e dei tanti saggi e le tante biografie accademiche e non. Furono quelle letture a convincermi di come fosse lasciata sul fondo, sfocatissima, la sua umanità, seppure così esplicita. Più o meno in quegli anni lessi La Vita Nova, quel prosimetro d’amore che Dante ventenne si trovò a scrivere all’indomani della morte di Beatrice Portinari. Sufficiente a far sì che mi riconoscessi nella gran parte delle emozioni di quel giovane remoto, facessi mio il tentativo di tenere in vita, attraverso la sublimità della poesia, quell’essere celestiale che fu per lui Beatrice Portinari“.

Carlotta Gamba è Beatrice (foto di Federico Locchi)

Carlotta Gamba è Beatrice (foto di Federico Locchi)

Poesia il cui appalesarsi avviene in Dante attraverso la sublimazione del dolore: la perdita della madre nella sua infanzia, la morte di Beatrice nella sua giovinezza, la condanna all’esilio del migliore dei suoi amici, nell’età adulta, l’ingiusta dannazione, estesa ai suoi figli, nella maturità. E’ la conferma di quanto il dolore promuova l’essere umano a una più alta conoscenza“.

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