Oggi è uscito al cinema Diva!, il docufilm (vincitore del Nastro d’Argento come Migliore Documentario 2018) diretto magistralmente da Francesco Patierno. Un viaggio intimo alla scoperta della vera anima di una delle più grandi attrici di cinema e di teatro di sempre: Valentina Cortese.
Diva! è un racconto al femminile di una donna che sicuramente non lascerà nessuno indifferente. Dopo avervi parlato del film (trovate tutto qui), abbiamo avuto l’immenso piacere di poter intervistare il regista, Francesco Patierno.
Il tuo viaggio attraverso la vita di Valentina Cortese parte dal passato più recente per arrivare all’infanzia. Eccellente il montaggio, bello l’uso di una musica moderna, bravissime tutte le attrici. I loro intensi cameralook, insieme alle parole, arrivano dritti al cuore dello spettatore. Era quello che volevi?
Si, l’idea principale dopo aver letto la sua biografia, è stata proprio quella di fare un percorso al contrario, partendo dall’apice della sua carriera, per regredire, in una successione di grandi e piccole sorprese, fino alla sua infanzia che racchiude un grande colpo di scena, e che spiega molte delle scelte private e professionali dell’attrice.
Ogni attrice racconta un momento preciso della sua vita. Così come Valentina ha interpretato tantissime donne diverse. Tutte maschere, una per ciascun lato della sua anima. Personaggi attraverso i quali lei “ha trovato lo spazio per sopravvivere”. Come mai hai riassunto la Cortese con “Diva!”?
“Una grande attrice è una donna capace di incarnare un gran numero di personaggi dissimili fra loro; una diva è una donna capace di provocare un gran numero di sceneggiature simili tra loro”. Mi piace citare questa frase di Andrè Malraux, per rispondere a questa domanda.
Il documentario parte da Effetto Notte, film premiato con l’Oscar nel 1974 come Miglior Film Straniero. Partirei dalla frase “strappa-cuore” di Truffaut: “è facile vincere un Oscar quando si ha a che fare con Valentina Cortese”. Come la commenti?
Effetto Notte è un film nel film, una storia che nel suo svolgersi, fonde continuamente vita privata e vita professionale degli attori che la interpretano. La Cortese ha trovato la massima espressione in questo film perché LEI fondeva la sua vita privata con quella professionale, e Truffaut glielo ha giustamente riconosciuto.
Seguiamo il percorso a ritroso. Qualche anno prima, il contratto di sette con la Twenty Century Fox e l’incontro con il futuro marito Richard Baseheart. Come fu il suo approccio con Hollywood?
Nell’approccio con Hollywood ritroviamo incredibilmente una storia molto simile a quella del presente: la Cortese viene invitata ad un party di Zanuck, il più potente produttore hollywoodiano, per certi versi molto simile al Weinstein di oggi. Zanuck ha pensato bene di mettere i suoi ospiti a proprio agio organizzando un’orgia, e la Cortese inorridita si apparta in un angolo del bar. Zanuck la insegue, la molesta, e senza pensarci nemmeno un secondo, Valentina gli tira addosso un bicchiere di whisky, terminando di fatto la sua carriera in America. In tempi di me too…
Molto bello è il momento in cui lei scopre il talento di Audrey Hepburn, ai tempi poco più che una bambina e oggi, più che mai, considerata un’icona, un mito. Tutto il mondo dovrebbe ringraziare la Cortese per questa sensibilità, concordi?
Sì, è difficile trovare atti di generosità simile in un attore. E la grandezza della Cortese, spicca anche per questi episodi.
Un capitolo a parte lo merita Giorgio Strehler (interpretato da Michele Riondino) che, con un abbraccio, fece tremare Valentina, facendole sentire un brivido che non provava da tempo, facendola sentire viva e felice. Quanto fu importante per lei quella relazione con “il genio”?
Alla fine, penso che questa sia stata la relazione più importante della sua vita. Perché giunge nel periodo della pienezza, della maturità e con lui trova il modo per esprimersi al massimo sia come donna che come attrice.
48 minuti di applausi a Berlino. Il pubblico in estasi per I Giganti Della Montagna. Cosa rappresentò per la Cortese il personaggio di Ilse?
Con Ilse, la Cortese tocca con mano quanto sia pericolosa la connessione tra la propria vita e quella di un personaggio da interpretare. A volte, identificarsi troppo con un personaggio può mettere a rischio la propria salute fisica e mentale. E lei, in questo caso, l’ha messa decisamente a rischio.
Altrettanto segnante per lei fu la storia con Victor de Sabata. La sua morte improvvisa, quanto la segnò?
Dopo Strehler, de Sabata è stata la sua relazione più intensa. La prima importante per lei. E’ chiaro e ovvio che la sua morte fu una cicatrice mai rimarginata.
Quando venne ricoverata per una sincope, la Cortese si ritrovò nel “reparto dei matti”. Eppure lei si trovò a suo agio insieme ai degenti. Un momento che hai descritto anche attraverso alcune sequenze divertenti “da manicomio”. Cosa trovò in loro che non trovava nelle persone “normali”? O più semplicemente, non ricoverate…
Per un attrice come lei, e una vita come la sua, le persone “normali” non potevano assolutamente stimolarle un processo di crescita attoriale. I matti, come diceva lei, tiravano fuori la sua parte più nascosta e istintiva.
L’aspetto più straziante della sua vita su il distacco dalla madre. Patito durante l’infanzia (la “zia Olga” la metteva a disagio…) e diventato definitivo dopo il tentativo di riavvicinamento, affondato nel Tevere insieme ad un rubino mai regalato. Come si può definire questa assenza e questo dolore?
Questa assenza e questo dolore trovano spiegazione nel colpo di scena finale che c’è nel film, e che rivela gran parte delle scelte private e professionali della Cortese. Non voglio anticiparlo ovviamente, ma la madre era responsabile di questo dramma e lei non glielo ha mai perdonato.
Fondamentale è stata la sua infanzia in campagna, ad Agnadello. Quanto i valori dei contadini lombardi l’hanno formata ed educata?
Direi moltissimo. E la Cortese rivendica con fierezza questa origine contadina.
Quando rischiò di annegare, da piccola, fu riacciuffata da “mamma” Rina, la contadina che si prese cura di lei. Come una Madonna, come la Grazia: possiamo dire che è stata lei a salvare Valentina Cortese in tutti i sensi?
Assolutamente sì!
Intervista di Giacomo Aricò