1959 - Ben Hur1

Giulio Andreotti, il drammaturgo, cinefilo e sceneggiatore

Un secolo fa nasceva a Roma Giulio Andreotti una delle personalità più influenti e longeve della Politica italiana. Protagonista al Governo con la DC ma anche al cinema, nel celebre Il Divo di Paolo Sorrentino. Oggi però lo vogliamo ricordare attraverso nel documentario che Tatti Sanguineti presentò alla Mostra di Venezia nel 2014. Stiamo parlando di Giulio Andreotti – Il Cinema Visto da Vicino, un lavoro che mostra un uomo inedito, a tratti drammaturgo, un po’ sceneggiatore e sicuramente amante del cinema.

Un giovane Giulio Andreotti

Un giovane Giulio Andreotti

Andreotti parla non solo dei ricordi di infan­zia, dei primi film visti al cinema Olim­pia, a una lira – “Dr. Jec­kill e mr. Hyde l’ho visto tre volte” – ma anche delle vicende della cen­sura che subì il cinema ita­liano e che por­ta­rono la firma di Andreotti dal dopo­guerra in poi. Un filmdoc che ci racconta in 94′ la storia del cinema italiano in rapporto con la nostra cultura-società.

Al cinema di Venezia, nel 1948

Al cinema di Venezia, nel 1948

Si tratta di una lunga conversazione, avvenuta qualche anno fa, tra Tatti Sanguineti e il senatore Andreotti riguardo al suo rapporto con il cinema italiano, inframmezzata da materiali di repertorio e brani di film. Fu l’ex comandante partigiano Rodolfo Sonego, della brigata Garibaldi sull’altopiano di Belluno, a dire a Sanguineti che se avesse voluto capire davvero cosa fosse successo negli anni del secondo dopoguerra in campo cinematografico, avrebbe dovuto parlare con Andreotti. Registrarono le conversazioni col senatore, piacevolmente coinvolto e disponibile a questo tipo di argomento, con due macchine da presa: 21 sedute in cui tutto era preciso, documentato, riscontrato, verificato.

Andreotti e Anna Magnani

Andreotti e Anna Magnani

Come dice lo stesso Sanguineti“se qualche pezza d’appoggio mancava, la si cercava per l’incontro successivo. Pur non avendogli posto alcun limite ai tipi di domande, Sanguineti e l’accompagnatore Pier Luigi Raffaelli non se la sentirono di chiedergli di presentarsi a ogni seduta con lo stesso abito. Il documentario finisce così per presentarci un Andreotti vestito in 21 modi differenti. Quando Andreotti parla di Cielo sulla palude, capisci che è un drammaturgo. Quando parla di Umberto D. capisci che è uno sceneggiatore. Quando preferisce Rossellini a Visconti capisci che capiva il cinema.”

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