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Gli Stati di Allucinazione di Ken Russell, un regista visionario

90 anni fa a Southampton nasceva Ken Russell, quel regista (ma anche coreografo e fotografo) visionario che nel 1980 diresse Stati di Allucinazione, pellicola diventata cult negli anni e prova di esordio di un indimenticabile William Hurt. La sceneggiatura è tratta dal testo di Paddy Chayefsky ispirato alla vita di John Lilly ricercatore e psichiatra statunitense.

William Hurt in uno dei suoi cameralook nel film

William Hurt in uno dei suoi cameralook nel film

Che cosa c’è di avvincente e di affascinante in questo film? Le tematiche trattate e la resa cinematografica che si avvale dei datati effetti speciali dell’epoca e di una colonna sonora avanguardistica. È un horror fantascientifico per eccellenza, ma è anche un film d’amore e sulla mancata elaborazione del lutto. Eddie Jessup (William Hurt) è professore di medicina e ricercatore ad Harvard. Conduce inizialmente degli studi su pazienti schizofrenici e sulla patologia dell’atto percettivo che produce le allucinazioni psicosensoriali (percezioni senza oggetto, senza stimoli) per organizzarsi poi nell’esperienza del delirio che ha uno svolgimento analogo al sogno.

Nel vuoto creato dalla destrutturazione della coscienza e della personalità dello schizofrenico si colloca la produzione delirante. L’alterazione della capacità percettiva è paragonabile a quella prodotta dall’assunzione di sostanze psicotrope. Jessup pensa di poter ricreare condizioni analoghe al vissuto allucinatorio dei suoi pazienti immergendosi in una vasca di acqua salata in condizioni di assoluta deprivazione sensoriale e assumendo poi dosi sempre maggiori di amanita muscaria reperita durante un viaggio in Messico.

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Gli stati alterati di coscienza che sfruttano appieno la potenzialità della nostra mente, pensa che possano portarlo alla conoscenza del suo vero Sé e attraverso il reperimento di reminiscenze arcaiche in un viaggio a ritroso nel percorso evolutivo della specie umana sino alle prime forme viventi monocellulari. Lo scienziato, sempre mantenendo in contatto con la realtà, arriverà a mutare fisicamente, temporaneamente, in ominide preistorico sino a quando la regressione, ormai attuata, si sposterà sul piano molecolare rischiando di farlo precipitare nel NULLA che precede il Big Ben. Il movimento regressivo della coscienza non porta alla verità, ma al “terribile” nulla.

Lo salverà l’amore di sua moglie Emily (Blair Brown) e l’amore che lui stesso sente di provare per lei e per le loro figlie. L’accettazione dell’umanità come limite della conoscenza e l’inconoscibilità del mistero della vita sono il nostro vero Sé (come dice lui stesso: “l’unica verità assoluta è che non esiste una verità assoluta. L’unica verità possibile è la nostra realtà”).

Emily e (photo Warner Bors / The Kobal Collection)

Emily e Eddie (photo Warner Bors / The Kobal Collection)

Il padre di Jessup è morto di cancro quando il figlio, ancora studente di medicina, era vicino al suo letto. Prima di morire il padre ha pronunciato un’ultima parola: “terribile. L’incapacità di elaborare la perdita ha prodotto una specie di anestesia affettiva e, in mancanza di una fede in una entità soprannaturale e in una vita ultraterrena, la fede è diventata la ricerca scientifica, la ricerca della verità centrata sulle potenzialità dell’intelletto.

Nell’ultima scena del film Jessup si difende dalle trasformazioni corporee prodotte dalla sua mente che lo stanno annientando sceglie la vita e il sentimento ritrovato.

Claudia Sacchi

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