Da pochi giorni è uscito al cinema l’attesissimo House of Gucci, il film diretto da Ridley Scott che racconta trent’anni della famiglia che ha fondato (e distrutto) un impero della moda. Tra le stelle del cast – da Al Pacino ad Adam Driver, da Jeremy Irons a Jared Leto e Salma Hayek – spicca soprattutto Lady Gaga, che presta il volto all’ambiziosa e scandalosa Patrizia Reggiani. In un importante momento del film, il suo personaggio ha un duro confronto con il capo della finanza che fa irruzione in casa Gucci. Un uomo che ha il volto italiano di Daniele Monterosi.
Intervista a Daniele Monterosi
Attore versatile e poliedrico, sempre capace di reinventarsi, Daniele Monterosi si è fatto conoscere dal grande pubblico con Il Grande Sogno di Michele Placido (2009) e ha successivamente preso parte a film, serie e produzioni di successo, sia a livello nazionale – come Gomorra 3, Una Pallottola Nel Cuore 3 (accanto a Gigi Proietti), Nero a Metà, Non Dirlo Al Mio Capo 2, RIS – che internazionale – come Zen (serie BBC) e Amanda Knox – e, dallo scorso 5 novembre, è su Prime Video nella serie Vita da Carlo, diretto da Carlo Verdone. Prossimamente lo vedremo nel cast di altri film internazionali come Power of Rome di Gianni Troilo e altri progetti nazionali ancora in lavorazione. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
Daniele, questo 2021 non lo dimenticherai mai. Al cinema è appena uscito House of Gucci, un film gigantesco con un cast stellare diretto da un regista straordinario. Come descriveresti questa esperienza? Ci racconti quando questo sogno è diventato realtà?
Effettivamente è stato un anno molto particolare. House of Gucci è entrato nella mia vita a marzo 2021 esattamente a un anno dal primo lockdown. Dopo un anno passato in casa (come tutti) mi sono ritrovato a riaprirmi al mondo confrontandomi subito con questa incredibile esperienza e ho provato ad onorarla al meglio, mettendoci dentro tutto ciò che avevo.
Chi interpreti nel film? Come hai costruito il tuo personaggio?
Nel film interpreto il capo della guardia di finanza che fa irruzione in casa Gucci e si scontra con Patrizia Reggiani, interpretata da Lady Gaga. Ho approcci sempre diversi nella costruzione dei miei personaggi. Parto dalla storia e lentamente mi lascio permeare dalle suggestioni che mi arrivano. Da lì piano piano inizio a costruire. E se in una fase della costruzione sento il bisogno di un confronto, unisco il mio lavoro a quello di un acting coach. In questo caso ad esempio ho lavorato con Patrizia De Santis.
Hai lavorato con due mostri sacri come Ridley Scott e Lady Gaga. Meritano un capitolo a testa. Iniziamo dal maestro Scott. Cosa si prova a trovarsi davanti un regista mondiale come lui? In che modo ti ha diretto?
Ho vissuto il confronto con Ridley Scott come un test importante per me e per la mia professione: un modo di dirmi “Daniele ora ci sei, vediamo cosa sai fare veramente!”. Quando hai la fortuna e l’opportunità di lavorare con personaggi di questo calibro l’ammirazione deve poi trasformarsi in benzina per fare ancora meglio il tuo lavoro. Il suo modo di dirigere è quello che noi attori amiamo di più: mi ha dato da subito grande fiducia e grande libertà. Prima di ogni scena ne definiva i confini e gli appuntamenti, ma poi lasciava grandissimo spazio alle nostre proposte. Ogni tanto lo guardavo per capire se la direzione che stavo dando al mio lavoro era quella giusta: lui mi guardava coi suoi occhi sornioni e profondi e mi faceva il pollice all’insù.
Curiosità: come spettatore e appassionato di cinema, qual è il suo film (oltre a questo!) che ti è rimasto più impresso?
Impossibile dirne uno solo. E’ uno di quei cinque registi viventi che ha fatto la storia del cinema degli ultimi quarant’anni. Alien, Blade Runner, Thelma & Louise e Il Gladiatore sono i miei preferiti. Ma lo so, è un scempio tenerne fuori altri.
Ridley Scott ha diretto produzioni enormi, film epici e di fantascienza. Prima di questo, ad esempio, The Last Duel. Qual è stato il suo “tocco” in questa pellicola sulla famiglia Gucci?
Ciò che mi colpisce sempre dei suoi film è il coraggio di osare. Non c’è un film uguale a un altro. Ma in tutti a mio avviso ci sono due elementi in comune: il rischio e la voglia di nuove sperimentazioni. Anche questo film non è da meno: il taglio dei personaggi, i costumi, la colonna sonora, la scelta stessa della storia da raccontare: è tutto un rischio e una nuova sperimentazione. Adoro gli artisti e gli esseri umani che fanno così, sono loro che fanno bello il mondo.
Passiamo a Lady Gaga. Ci hai lavorato a stretto contatto, improvvisando molto. Che anima hai conosciuto dentro e fuori dal set? Che feeling si è creato con lei?
Accade alle volte che incontri una persona con la quale si crea quel feeling per cui ti sembra che la conosci da sempre. E’ successo così con lei. Ci siamo guardati e ci siamo trovati. Tra le cose più belle che mi porto da questa esperienza ci sono gli abbracci che ci davamo alla fine di ogni ciak e alcune cose che mi ha detto.
Lei non è solo un’icona pop planetaria, ma anche una grandissima attrice. Concordi? Cosa ti ha sorpreso del suo lato attoriale?
Ho trovato in lei la partner di scena ideale: sempre nuova, sempre aperta, sempre viva. Sin dal primissimo momento mi ha invitato a improvvisare, io ho risposto presente e da quel momento è cominciata un’intesa pazzesca. Improvvisavamo in due lingue: il film infatti è girato in inglese ma qua e là i personaggi sporcano con qualche parola in italiano. E quindi giocavamo a sorprenderci anche con la lingua. Quando ti trovi in certi contesti e ti vengono date certe opportunità il nostro diventa davvero il mestiere più bello del mondo. Ma devi arrivare altamente preparato.
Hai dichiarato che stare sul set con Ridley Scott e Lady Gaga ti ha fatto sentire completamente a tuo agio. Da dove nasce questa tua tranquillità su un set così importante? Come hai fatto a mettere da parte (o a cavalcare) l’emozione (penso innegabile!) di trovarti lì con loro?
Questa è stata una parte sulla quale ho dovuto lavorare molto. Sono un ansioso cronico: soffro di ansia da prestazione da sempre, da quando da bambino giocavo a calcio e la domenica tremavo al solo pensiero di entrare in campo. Per cui da anni cerco strumenti che mi aiutino a restare calmo e centrato, nel qui e ora. Mi aiuta lo sport, gli esercizi di rilassamento e tutte quelle pratiche di presenza mentale come la meditazione e la mindfulness. Sono un appassionato di strumenti per la crescita personale: sono stato in monasteri Buddhisti, nei ritiri di Tich Nath Han, nei centri Osho sparsi nel mondo, fino ad arrivare ai grandi formatori occidentali come Tony Robbins. Ho inoltre la fortuna di avere come amica una straordinaria mental coach che mi aiutato molto negli ultimi anni, una grande donna che non smetto mai di ringraziare: Roberta Liguori.
Sei un attore versatile, che ama immergersi totalmente nei personaggi. Che differenza c’è tra, come dici tu, “recitare e costruire esseri umani”?
Recitare è concentrarsi su trovare un modo per dire una battuta. Costruire esseri umani è indagare in profondità chi è la persona che la dice quella battuta: quali sono i suoi sogni, bisogni e desideri, cosa sta cercando di ottenere nella vita, per cosa sta lottando, quali sono i suoi traumi e quali sono gli eventi e le relazioni che hanno segnato il suo carattere, la sua psicologia, il suo universo emotivo e il suo modo di vedere il mondo. A me piace più questo modo di dire le battute.
Sei anche presente su Amazon Prime Video in Vita da Carlo. Per chi non l’avesse ancora visto, ci dici brevemente chi interpreti nella serie?
Nella serie interpreto un medico che fa una visita neurologica “molto particolare” a Carlo Verdone e Max Tortora. Altra esperienza incredibile: anche qui Carlo Verdone mi ha dato grande fiducia invitandomi più e più volte a improvvisare con lui. Credo di non aver mai riso e visto ridere così tanto su un set.
Tu avevi già lavorato con suo fratello Luca nel film su Vasari. Che fratelli sono i Verdone?
Sono due fratelli molto diversi. In comune però penso di poter dire senza ombra di dubbio che hanno la passione e l’amore per questo mestiere. Con Luca Verdone ho girato Le Memorie di Giorgio Vasari, quindi un film in costume dove interpretavo Alessandro De Medici (anche qui in inglese). Ricordo che un giorno a fine riprese Luca Verdone mi guarda e mi dice: “Ah, dopo una bella giornata di set come questa, uno sta in pace col mondo!”. Durante le riprese di Vita da Carlo la scena che giravo con Carlo Verdone faceva molto ridere. Tutti ridevano, alcuni con le lacrime, tranne Carlo che rimaneva serissimo per tutto il tempo. Poi finiamo di girare andiamo, andiamo a rivedere la scena al monitor e Carlo a un certo punt mi guarda e – finalmente – ride anche lui. In quel momento mi è sembrato anche lui in pace con il mondo. E, ovviamente, io con lui.
Questi due lavori, destinati ad un grandissimo pubblico, penso possano essere il giusto premio alla tua grande passione e continua ricerca. Che obiettivi ti poni?
Una volta posero la stessa domanda a James Cameron, il regista di Avatar e Titanic per capirci. La sua risposta mi colpì molto e da quel momento sto provando a farla mia. Diceva: continuo a pormi obiettivi “ridicolmente” alti, e sto a vedere che succede.
Intervista di Giacomo Aricò