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L’Estate di Giacomo, il documentario poetico di Alessandro Comodin

Vincitore del Pardo d’Oro nella sezione Cineasti del Presente – Premio George Foundation del Festival di Locarno del 2011, esattamente tre anni fa usciva al cinema L’Estate di Giacomo, un documentario poetico scritto e diretto da Alessandro Comodin, al suo secondo film dopo l’opera prima Jagdfieber – La Febbre della Caccia (2008).

Siamo nella campagna friulana. È estate. Giacomo, diciotto anni, rimasto sordo da piccolo, e Stefania, sua amica d’infanzia, sedici anni, vanno al fiume per un picnic. Come in una fiaba incantata, si smarriscono nel bosco per ritrovarsi in un posto paradisiaco, soli e liberi, durante un pomeriggio che sembra durare il tempo di un’estate.

Un’operazione chirurgica ha ridato l’udito a Giacomo: i rumori, i suoni, le voci della natura, gli permetteranno di vivere una vera iniziazione alla dimensione adulta. Un apprendistato dei sensi: non ci si tocca, eppure si è tutti pelle, respiro e soffio. La sensualità accompagna i giochi da bambini, finché Stefania e Giacomo non sentono che l’avventura, che hanno appena vissuto, non è altro che un ricordo dolceamaro di un tempo perduto.

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Il film di Comodin è una storia d‘amore e d’iniziazione alla vita adulta, dove il presente si mescola al ricordo e il passato risorge con la chiarezza e lo stupore della prima volta. I ricordi non sono solo ciò che ciascuno di noi porta in sé e che improvvisamente ritrova. Sono anche vere e proprie scoperte. Bisogna sapere che noi non vediamo mai le cose una prima volta, ma sempre la seconda. Allora le scopriamo e insieme le ricordiamo.

Il regista è cresciuto sulle rive del fiume Tagliamento, come lui stesso ricorda: “ne conosco ogni più piccola sensazione, suono e odore, fanno parte di me quel senso di noia e abbandono, e allo stesso tempo di avventura possibile, quasi da favola, che contraddistinguono quel paesaggio naturale”.

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Il Giacomo della storia, esiste davvero, è il fratello del miglior amico di Comodin: “l’ho conosciuto quando era bambino, era sordo”. Dieci anni dopo, Giacomo decise di operarsi per sentire per la prima volta in vita sua: “nella sua decisione c’era qualcosa di fantastico, la sua storia mi è apparsa come una fiaba moderna in cui il protagonista diventa quell’eroe che, attraverso un’operazione chirurgica, si trasforma in ciò che aveva sempre sognato di essere”.

Una fiaba che però non modifica la realtà. Quelle del regista sono infatti immagini concrete, grezze, ruvide, come sono quelle del documentario: “sentivo profondamente che, se avessi perseverato a cercare la fiaba nella realtà, a un certo punto la realtà si sarebbe trasfigurata, come in un sogno a occhi aperti”.

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Nel rappresentare la metamorfosi di Giacomo, l’intento del regista era quello di “di rendere la realtà il più astratta possibile, così da rarefarla e farla diventare una sensazione, un sentimento. Ho filmato frammenti di vita quotidiana, provocando situazioni o aspettando che le cose succedessero. Istintivamente ho messo Giacomo in luoghi e situazioni dove non si sarebbe mai trovato altrimenti”.

Luoghi in cui ci si rifugia perché ci fanno sentire bene. Luoghi della memoria e dei ricordi: “sono i luoghi della mia infanzia: con questo film ho vissuto una misteriosa sensazione che mi ha rimandato indietro nel tempo”.

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L’Estate di Giacomo è una storia straordinaria che manifesta semplicemente, nelle piccole cose, nei piccoli gesti, le piccole conquiste che si fanno a quell’età, le sensazioni che ci fanno diventare grandi e che ci spingono verso l’altro: “ecco qui il vero miracolo: non so ancora quanto di me avevo sentito in Giacomo per decidere di farne un film, né quanto Giacomo mi abbia fatto rivivere delle sensazioni che credevo di aver scordato per sempre” conclude Alessandro Comodin.

“Con Giacomo sono sicuro di aver condiviso ricordo e presente, allucinazioni e realtà, finzione e documentario, in un’esperienza comune, fugace quanto l’estate, intensa quanto una timida carezza”

Alessandro Comodin

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