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Nel Mio Nome, la transizione nel docufilm prodotto da Elliot Page

Con la produzione esecutiva di Elliot Page, dopo essere stato presentato nella sezione Panorama alla 72esima Berlinale, solo dal 13 al 15 giugno arriva nelle nostre sale Nel Mio Nome, il film diretto da Nicolò Bassetti che racconta la storia di formazione di quattro giovani amici che condividono momenti importanti delle loro vite e delle loro transizioni di genere. 

Il film

Nico ha 33 anni, Leo 30, Andrea 25 e Raff 23: vengono da varie parti d’Italia. Iniziano la loro transizione di genere in momenti diversi delle loro vite. Giorno dopo giorno devono affrontare con grande coraggio gli ostacoli di un mondo strettamente binario. Avere una vita dignitosa e appagante è una questione di sopravvivenza. Devono essere risoluti, infinitamente pazienti e soprattutto sono consapevoli che per superare le avversità hanno bisogno di una buona dose di ironia.

Elliot Page racconta…

«Quello che rende Nel Mio Nome unico, per me, è il modo in cui presenta, ingegnosamente e intenzionalmente, tutti i diversi pezzi che costituiscono l’identità di una persona. È una meditazione sull’umanità trans e non ho mai visto un altro film come questo. Sapere che Bassetti ha consultato attentamente il suo figlio trans nel corso della lavorazione è una cosa bellissima per me, e penso che quell’esperienza di vita e quell’input siano evidenti nella prospettiva del film. Sono onorato di prenderne parte e non vedo l’ora che lo vedano tutti».

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Nicolò Bassetti racconta…

“Il film documentario nasce da un’idea avuta insieme a Matteo, uno dei miei tre figli, transgender F to M di ventisei anni. La particolarità del
lavoro è nel doppio sguardo genitore-regista. Nell’associare l’intensità dell’esperienza che sto vivendo da genitore alla distanza necessaria allo sguardo del regista. Il vissuto e la sensibilità del genitore hanno generato negli interpreti la fiducia indispensabile per avvicinarmi a loro da regista, per immergermi nelle loro emozioni, per stabilire con ognuno un rapporto intimo, di complicità. La struttura del racconto ha due cardini: da una parte dare la parola ai ragazzi, attraverso uno di loro che racconta e fa raccontare gli altri; dall’altra, intrecciare i loro ricordi di infanzia e adolescenza, quelli della formazione dell’identità di genere con le relazioni, le passioni e le ossessioni di oggi“.

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