Scritto da Ol Parker e diretto da John Madden, arriva domani al cinema Ritorno al Marigold Hotel, il sequel di Marigold Hotel (oltre 136 milioni di dollari di incassi nel 2012) che aggiunge al cast originale, composto da Judi Dench, Maggie Smith, Bill Nighy e Dev Patel, nuovi arrivati: Richard Gere, Tamsin Greig e David Strathairn.
Ora che il Marigold Hotel è pieno di clienti che si trattengono per periodi prolungati, i due co-direttori Muriel Donnelly (Maggie Smith) e Sonny Kapoor (Dev Patel) sognano di ingrandirsi, e hanno appena trovato il posto ideale per farlo: il secondo Marigold Hotel. Evelyn e Douglas (Judi Dench e Bill Nighy) si avventurano a Jaipur con un piano di lavoro in mente, chiedendosi a cosa porterà il loro appuntamento fisso a colazione.
Nel frattempo Norman e Carol (Ronald Pickup e Diana Hardcastle) navigano nelle acque vorticose di una relazione speciale, mentre Madge (Celia Imrie) si destreggia tra due corteggiatori entrambi molto allettanti, e Guy Chambers (Richard Gere) arrivato da poco, trova nella madre di Sonny, Mrs. Kapoor (Lillete Dubey), una musa per il suo prossimo romanzo. Il matrimonio con l’amore della sua vita Sunaina (Tina Desai) è alle porte e Sonny si accorge che i suoi progetti per il nuovo hotel gli rubano più tempo di quanto non ne abbia a disposizione. Forse l’unica ad avere le risposte è Muriel, che custodisce i segreti di tutti. Con l’avvicinarsi del grande giorno la famiglia, così come gli ospiti, si ritrovano risucchiati dall’irresistibile ebrezza di un matrimonio indiano.
Nel 2012 la commedia Marigold Hotel raggiunse un inaspettato successo. Il film raccontava il viaggio di sei pensionati inglesi che decidono di rischiare e di godersi la pensione in un albergo indiano aperto da poco, che promette di soddisfare i bisogni “dei più vecchi e dei più belli”. Malgrado scoprano che l’albergo ha conosciuto giorni migliori, gli impavidi e ottimisti avventori prendono coscienza che la loro età non ha importanza: il meglio deve probabilmente ancora venire.
Il primo film, sempre diretto da Madden, ha raccolto plausi soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, riuscendo anche ad avere le candidature come Miglior Film ricevute dalla Hollywood Foreign Press, dai BAFTA Awards e dalla Screen Actors Guild (Ensemble Award). “Credo che l’attrattiva principale del film Marigold Hotel sia stata il trattare in un modo irriverente e affettuoso le vite e i rapporti di persone che vivono con serenità gli anni della vecchiaia”, commenta l’attrice Lillete Dubey che interpreta la Sig.ra Kapoor. “Questo è uno dei pochissimi film che abbia trattato questo argomento in un modo gioioso. L’idea veicolata dal film è: “Puoi avere 60 o 70 anni, ma la vita non smette mai di sorprendere, a meno che uno non glielo lasci fare”.
Il matrimonio di Sonny con Sunaina era già implicito alla fine del primo film, e la lunghissima preparazione, così come i festeggiamenti di un intero matrimonio indiano, sono diventati il filo conduttore del nuovo film, mettendo in primo piano le emozioni di tutti i partecipanti. Madden racconta: “i preparativi del matrimonio accompagnano tutto il film, in modo da riflettere la natura onnicomprensiva di un classico matrimonio indiano. La struttura, dunque, si compone di tre parti, ognuna delle quali sfocia in una festa, con le conseguenti tensioni e ripercussioni del caso. Come sempre, i matrimoni sono il momento in cui ognuno si chiede a che punto è arrivata la propria vita. In un certo modo stiamo presentando una storia più intensa della prima perché ora abbiamo l’opportunità di seguire i personaggi in una dimensione più profonda della loro esistenza”.
Il regista continua dicendo: “Credo che questo film parli proprio della famiglia, una famiglia anticonvenzionale che si è formata tentando di assimilarsi in una cultura diversa. Certo, il film è divertente ma tocca anche altri tasti. I personaggi si confrontano con le stesse decisioni e le stesse scelte con cui normalmente le persone si misurano nella vita reale”.
Ol Parker ha scritto una sceneggiatura che vede evolvere ogni personaggio in modi divertenti e inaspettati, guardandoli avvicinarsi l’uno all’altro e all’India. Sul set i rapporti magici del primo film si sono riaffermati ma in modalità diverse. Madden era interessato in particolare al modo in cui questo secondo capitolo avrebbe rivelato il legame vitale tra generazioni. “Gran parte di questo sequel è una giustapposizione tra giovinezza e vecchiaia, un’idea simbolizzata nelle ultime sequenze del primo film”, spiega il regista. “Il clou della trama trasforma quest’idea in qualcosa di più profondo. La storia vuole veicolare l’importanza del passare il testimone, di trasmettere ciò che delle nostre esperienze e della nostra conoscenza ha più valore, non solo da una cultura all’altra, ma anche da un gruppo generazionale all’altro”.
Di origine indiana, Tina Desai dice di esser rimasta sorpresa da come entrambi i film siano riusciti a rappresentare in modo accurato il suo paese di origine: “catturano il vero spirito indiano, il che mi ha sorpreso perché penso che si debba vivere in India per un periodo consistente per sapere come pensiamo e come percepiamo la realtà. Come dicono le ultime righe del primo film: Andrà tutto bene alla fine; e se non dovesse andare bene, vuol dire che non è ancora la fine. Questa frase dà un senso di speranza ed è esattamente il fulcro di ogni film indiano”.
Tra ottobre e dicembre, nei mesi che intercorrono tra i monsoni e il calore dell’estate, tutta l’India esplode di colori sgargianti e di allegria con l’arrivo della famosa “stagione dei matrimoni”. Nel corso di questi pochi mesi, centinaia di fidanzati festeggiano con cerimonie tradizionali permeate dalle usanze e dai simboli indiani. Ognuna di queste cerimonie culmina nel grande giorno in cui si susseguono cibo, musica e balli a volontà: “un matrimonio indiano è davvero un grande, grandissimo evento, perché non riguarda solo i promessi sposi, riguarda anche le rispettive famiglie. Non è mai una piccola questione privata” ha concluso Tina Desai.
“Stavo pensando… quante nuove vite si possono avere? Poi ho pensato… quante ne vogliamo. Fin quando possiamo”
Evelyn (Judi Dench)