Foto di Paolo Ciriello

State A Casa, la metafora della società in lockdown nel film di Roan Johnson

Foto di Paolo Ciriello

Metafora della società durante la pandemia, giovedì 1 luglio arriva al cinema State A Casa, il nuovo film diretto da Roan Johnson con protagonisti i giovani Dario Aita, Giordana Faggiano, Lorenzo Frediani e Martina Sammarco.

Il film

Il mondo là fuori è bloccato da una pandemia, e in lockdown un appartamento a Roma diventa lo stesso di Milano, Napoli, Parigi e New York. Ognuno vive una storia identica a tutti gli altri e allo stesso tempo unica e personale. Ma questo è un film su un altro virus, ben più pericoloso, che si nasconde nella natura umana. Quattro ragazzi (Dario Aita, Giordana Faggiano, Lorenzo Frediani, Martina Sammarco) sotto i trent’anni condividono un appartamento da tempo e, fermati dal contagio, si trovano ad affrontare ombre più grandi che vivere in quella situazione. L’occasione per fare dei soldi facili a scapito del loro equivoco padrone di casa porterà il film a un crescendo di tensione e delirio. Le scelte e le azioni dei ragazzi diventeranno sempre più ambigue mentre le conseguenze sconvolgeranno i loro sogni e speranze, paure e amori, fino al finale inaspettato di questa commedia molto nera o di questa tragedia molto brillante.

Roan Johnson racconta…

Questo film nasce durante il lockdown. In quel momento di pausa e di astrazione che in Occidente ci ha travolto per primi, e che ha cambiato la distanza e la prospettiva con cui guardare il mondo. È bastato un microscopico virus a fare migliaia di morti, è bastato bloccare per qualche mese il paese per mandare in ginocchio un’economia costruita in secoli. Il nostro sentirsi Dei, la nostra hubris ed egocentrismo sono diventati il sintomo della nostra stupidità e fragilità. In quel momento è nata un’urgenza di raccontare, più che quello che stava succedendo, quello che significava. E ho capito che andava fatto osando, andando fino in fondo insieme ai personaggi che avevo trovato per raccontare questa metafora della nostra natura. Ho pensato a cosa sarebbe stato di me se questa pandemia fosse successa venti anni fa, in quel momento di formazione, quando ancora non si è deciso cosa fare nella vita e della propria esistenza“.

(foto di Paolo Ciriello)

(foto di Paolo Ciriello)

Volevo tornare in mezzo a quella generazione che di colpo, da dover essere la più sfacciata di fronte alla vita, era diventata la più insicura e debole. Chi avrebbe scontato di più questa fermata brusca del nostro mondo? I giovani, e quelli senza soldi. E come avrebbero reagito di fronte a tutto questo, se i valori erano gli stessi che ci hanno portato fino all’orlo della catastrofe? Ma volevo raccontare tutto questo divertendomi, costruendo una storia vitale, potente, ironica, con dei tratti di follia, che svelasse la metafora solo alla fine, che non soffocasse mai la storia né il percorso dei personaggi. Mi sono ritrovato a entrare in zone a me sconosciute trascinato dai conflitti dei personaggi, quelli che permeano la nostra società: l’avidità, l’egoismo, il sentirsi superiori. Perché se c’è un contagio di cui dobbiamo davvero avere paura è quello dei lati più meschini della nostra natura. Perché la verità è che in questo enorme e meraviglioso organismo che è la terra, il virus siamo noi“.

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