(Foto di Nazareno Migliaccio Spina)

Aspromonte, la Terra degli Ultimi di Mimmo Calopresti

(Foto di Nazareno Migliaccio Spina)

Sarà in sala dal 21 novembre, distribuito da Italian International Film, Aspromonte – La Terra Degli Ultimi, il film – tratto dall’opera letteraria Via Dall’Aspromonte di Pietro Criaco – diretto da Mimmo Calopresti, che lo ha anche scritto insieme a Monica Zapelli. La pellicola è un western atipico sulla fine di un mondo e sul sogno di cambiare il corso degli eventi grazie alla voglia di riscatto di un popolo. Protagonisti sono Valeria Bruni Tedeschi, Marcello Fonte, Francesco Colella, Marco Leonardi Sergio Rubini.

Il film

Africo 1951. Un paese arroccato nell’Aspromonte. Isolato. Una donna muore di parto: il medico non è mai arrivato e non c’è una strada per raggiungere la Marina dove ci sono il medico e le istituzioni. Tutto il paese, uomini, donne bambini, si riversa come un fiume in piena su sentieri, mulattiere, tratturi. Una massa inferocita che reclama un medico: “Non siamo bestie” è il grido disperato rivolto all’autorità. Mentre tutti sono alla Marina, impressionati da un mondo sconosciuto e dal mare, arriva in un paese che appare deserto la maestra (Valeria Bruni Tedeschi) accolta dal Poeta (Marcello Fonte), l’unico che legge e scrive e apprezza l’isolamento e la bellezza di Africo. Nonostante la promessa scritta estorta al prefetto (Francesco Siciliano), gli africoti non stanno con le mani in mano. Decidono di costruirsela da soli la strada e cominciano a ‘faticare’ sulle pietre anche dopo aver lavorato tutto il giorno sugli aridi campi e con le bestie.

I bambini – e tra questi Andrea di 9 anni, figlio di Peppe (Francesco Colella) semplice manovale, ma persona carismatica e molto ascoltata – partecipano alla costruzione e non vorrebbero stare in classe. L’entusiasmo si spegne presto: per motivi diversi, né Don Totò, il bandito locale (Sergio Rubini), né il prefetto, accettano che gli africoti si costruiscano la loro strada. Scontri, sequestro degli attrezzi, arresto di Cosimo (Marco Leonardi): la tensione è al massimo. Questa strada non si deve fare. Ma Peppe e i compaesani non accettano l’intimidazione e don Totò spara e ferisce Peppe. Andrea, tutto solo e armato di fucile lo cerca per i monti per vendicare il padre e ristabilire un suo senso di giustizia. Altri delitti, ma nulla cambia ad Africo e non resta che andarsene.

(Foto di Nazareno Migliaccio Spina)

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Mimmo Calopresti racconta…

Aspromonte – La Terra Degli Ultimi è il racconto del Sud, del suo orgoglio, della forza della sua identità che diventa prigione, della grandiosa bellezza della sua natura che si intreccia con la miseria delle condizioni di vita, del suo isolamento e del sogno disperato dei suoi abitanti di far parte di un mondo più grande, è il racconto dell’impossibilità di un riscatto collettivo, della condanna all’abbandono e all’emigrazione come unica possibilità di rinascita. Il Sud è da sempre luogo geografico e luogo dell’anima, inferno e paradiso, cronaca e favola. Così è questo film. Africo è in Europa, e ci ricorda cosa, solo un secolo fa, poteva essere la nostra terra, ma in quanto Sud assomiglia, nei suoi sogni e nelle sue sconfitte, più che al nostro continente, a tutti i luoghi ai margini del mondo. Ancora vivi, ancora presenti, ancora disperatamente alla ricerca di un futuro, alle porte dell’Europa“.

Aspromonte – La Terra Degli Ultimi è anche un racconto western, la lotta di un popolo di frontiera per avere una strada (una ferrovia sarebbe troppo) e quindi la civiltà, l’epopea di un mondo in cui ogni paese è ostaggio di un bandito, e le prepotenze si possono sconfiggere solo con la forza. Ma a differenza del Far West, qui la nuova frontiera è solo una linea immaginaria. Chi vuole raggiungerla, deve emigrare e cercarsi un posto da reietto e da straniero, nel mondo civile degli altri”.

(Foto di Nazareno Migliaccio Spina)

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È anche un racconto molto italiano, sulle promesse mancate e le energie infrante del nostro Sud, illuso con false promesse da uno Stato che non ha mai avuto la capacità di garantire diritti e formare cittadini che in lui si potessero riconoscere e lo potessero rispettare. Un Sud lasciato solo alla generosità di chi, come la nostra maestra (ispirata alla figura di Zanotti Bianco), solo per un senso di giustizia, e rappresentando poco più che se stessa, ha provato a fare qualcosa. È infine un mondo che, nella sua spietatezza, lascia ancora alle persone lo spazio per essere se stesse. Possono lasciarsi catturare dalla natura e dalla libertà se sono bambini, o vivere solo leggendo e dando qualche consiglio agli altri, se sono Poeti, o avere l’orgoglio di essere riconosciuti da una comunità se hanno il coraggio di mettersi sulle spalle il destino degli altri“.

Il film è insieme un racconto neorealistico ed epico, il realismo di un mondo povero, anzi poverissimo, e l’epicità della battaglia per riscattare la propria condizione di canaglia pezzente: bisogna combattere per affermarsi, per esistere, per conquistarsi un futuro migliore e far vincere la civiltà sull’arretratezza di una vita buia e senza speranze. Bisogna darsi sempre una speranza, una via d’uscita, costruirsi una strada, un progetto per uscire da una situazione disastrosa che ti è stata assegnata da chissà chi. Alla fine, è un film che è il percorso di vita di un ragazzo che vuole cambiare il proprio destino, che intraprende un percorso di crescita e riscatto da una situazione difficile, che crede a una strada che lo possa portare verso la modernità. Alla fine della sua vita di successi lontano da Africo e dalla sua terra (la Calabria), sentirà il bisogno di tornare per rivedere per l’ultima volta il posto dove è nato e cresciuto, per riassaporare l’aria di libertà che gli era rimasta attaccata addosso per tutta la sua vita“.

(Foto di Nazareno Migliaccio Spina)

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È un film che racconta non il rimpianto della propria infanzia, ma il ricordo di quello che si è stati, di quello che si sarebbe potuto essere, e soprattutto la bellezza di aver potuto vivere un sogno ed essersi nutriti del gustoso cibo dell’utopia con pienezza e soddisfazione. Infine i vividi colori del paesaggio paradisiaco dell’Aspromonte vinceranno sul bianco e nero di una vita povera e senza speranza; gli ultimi della terra non si arrenderanno, consapevoli che solo combattendo tutti insieme possono vincere e affermare il loro diritto a un’esistenza soddisfacente e dignitosa“.

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