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CAMERA PSYCHO – Finalmente Qualcosa è Cambiato per Jack Nicholson

Un insuperabile e indimenticabile Jack Nicholson ci trascina, dolcemente, in Qualcosa è Cambiato (As Good As It Gets), meraviglioso film diretto vent’anni fa da James L. Brooks che regalò all’attore il terzo premio Oscar della carriera (e il secondo da protagonista dopo Qualcuno Volò Sul Nido del Cuculo). Una prova superba ed esemplare che portò a vincere la statuetta anche la compagna di set, Helen Hunt. Ma è nel personaggio di Melvin che Jack Nicholson ha messo tutto se stesso, in ogni piccolo dettaglio. Sguardi, gesti ed espressioni che ce lo fanno continuamente ripudiare e accogliere, odiare e amare.


Qualcosa è Cambiato è una storia sentimentale che riesce, con semplicità, a toccare almeno tre temi di grande interesse socio culturale:

– la descrizione del  disturbo di personalità ossessivo compulsivo e la sua possibilità terapeutica;

– la convivenza proficua con la diversità;

– l’inefficacia e l’ingiustizia del un sistema sanitario assistenziale che priva gli individui del diritto alla salute.

Ma veniamo brevemente alla trama. Melvin (Jack Nicholson), misantropo, intransigente, moralista, è uno scrittore di romanzi rosa di grande successo. Soffre di un disturbo di personalità ossessivo compulsivo (DOC) che lo porta a vivere in solitudine assalito da pensieri intrusivi che gli procurano timori ed ansia e  costretto da rigidi rituali che funzionano come meccanismi di controllo e quindi di difesa. Il venir meno a queste regole compromette il suo equilibrio.


Chiude la porta di casa con lo stesso numero di mandate, ripetute più volte, verifica la chiusura di cui non è mai completamente sicuro. Ha una preoccupazione eccessiva e disadattiva per l’ordine, la pulizia, il perfezionismo e il controllo. Ha paura dei germi e del contagio, si lava le mani con acqua bollente ustionante, cambiando ripetutamente la saponetta. Fuori casa indossa i guanti per proteggersi dal contatto e cammina senza mai calpestare le fughe del rivestimento del selciato secondo un rituale tipico del pensiero magico infantile che forse molti di noi hanno provato e ricordano: “se non calpesto le righe non mi accadrà niente di male“.

Mangia abitualmente in un ristorante vicino a casa usando posate di plastica usa e getta e preferisce lo stesso tavolo e il servizio della stessa cameriera l’unica che non gli mette ansia. Si tratta di Carol (Helen Hunt) una donna provata dalla vita e dalla sofferenza. Malvin ascolta quello che dice alle colleghe e impara a capirla e progressivamente ad amarla. Carol vive con la madre e con un figlio che soffre, sin dalla nascita, di attacchi asma e allergie e che la costringe ad una assistenza continua, notti in bianco e a ripetute corse al Pronto Soccorso. Non può permettersi economicamente di far curare con successo il bambino da un medico di fiducia. Lo scopo della vita di Carol è la cura del figlio.


Sarà Malvin a procurarle un dottore che guarirà il piccolo, sarà sempre il burbero Malvin ad occuparsi del cagnolino del vicino  Simon (Greg  Kinnear), pittore gay di grande talento, quando questi verrà ricoverato per aggressione e spenderà ogni suo avere per farsi curare riducendosi in miseria. Sarà allora ancora Malvin ad accoglierlo in casa sua dove non entrava mai nessuno e ad aiutarlo tenendo anche i rapporti con l’agente di lui (Cuba Gooding Jr.).

La storia finisce bene. Tra Malvin, Carol e Simon ognuno diverso a modo suo, nascono aiuto reciproco, ascolto, condivisione. Simon riprenderà a dipingere dopo una crisi depressiva che gli aveva fatto perdere l’ispirazione, mentre Malvin e Carol si accorgeranno che “qualcosa è cambiato” e potranno abbandonarsi all’amore.


Malvin inizia una terapia farmacologica che l’aiuta a vincere le sue ossessioni e le sue fobie, e vive nell’esperienza con Carol una specie di terapia cognitivo comportamentale che lo porta ad avere un’altra modalità di lettura della realtà, esponendosi gradatamente e poi inconsapevolmente alle situazioni temute sino ad eliminare, se non completamente, l’evitamento e il controllo.

Carol, come dice in una scena del film, gli ha fatto venire “la voglia di essere un uomo migliore“. Del passato di Malvin sappiamo molto poco, solo: “mio padre non è uscito dalla sua stanza per anni, mi picchiava le mani con una bacchetta se facevo un errore suonando il piano”. E in questi vissuti infantili che possiamo ritrovare il senso di colpa mai sedato e il senso del dovere esasperato.

La vita è dominata da regole da rispettare, fare scelte e cambiamenti è estremamente problematico perché l’individuo è inibito e paralizzato dalla paura di sbagliare. L’estrema severità con se stesso non permette di provare la piena soddisfazione, i sentimenti fanno paura e mettono ansia perché le emozioni possono sopraffare e far perdere il controllo, la spontaneità è preclusa e sostituita dalla rigidità e dalla freddezza. Carol invece è tutta spontaneità, verità ed onestà e l’amore di lei e per lei porterà Malvin a lasciarsi andare senza paura al desiderio ed al rischio di essere amato.

Claudia Sacchi


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