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Dovlatov e gli altri: i libri invisibili sfogliati da Alexej German Jr.

Vincitore dell’Orso d’Argento al Festival di Berlino per il suo straordinario valore artistico, giovedì 4 novembre – giorno in cui si celebra l’Unità Nazionale Russa – arriverà nei nostri cinema Dovlatov – I Libri Invisibili il film diretto da Alexej German Jr. che per la prima volta volge lo sguardo verso la sua città, la Leningrado degli anni ’70 (oggi San Pietroburgo) per ritrarre le vite dei giovani scrittori sovietici Sergei Dovlatov, Joseph Brodsky e di tutti gli altri artisti oppressi dal regime dell’epoca.

Il film

Dovlatov – I Libri Invisibili racconta sei giorni della vita del brillante e ironico scrittore Sergej Dovlatov (Milan Marić), un autore che si è distinto per la capacità di vedere ben oltre i rigidi limiti della Russia Sovietica degli anni Settanta. Insieme all’amico e poeta Josif Brodsky (Artur Beschastny), Dovlatov ha lottato per preservare il proprio talento e la propria integrità, in un contesto culturale e sociale dove i suoi amici e colleghi artisti venivano schiacciati dalla volontà inossidabile della macchina dello Stato. Un contesto che sia lui, sia Brodsky, si sarebbero presto lasciati alle spalle per fuggire alla volta dell’America, perdendo però così tutto quello che possedevano.

Alexej German Jr. racconta…

Ho cominciato a leggere le opere di Dovlatov molto tardi, quando avevo circa 26/27 anni, ma da quel momento le ho lette una dopo l’ altra, immergendomi totalmente nell’autore. Dovlatov è indiscutiblmente uno dei simboli degli ultimi 25 anni del XX secolo. È una superstar della letteratura russa e in molti lo ricordano come una persona straordinaria e al tempo stesso dall’humour sottile e dall’ incredibile talento: è un vero peccato che non nascano più uomini come lui!“.

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Il film rivela un momento incredibilmente interessante della Leningrado degli anni ’70, un periodo di grande fermento e vivacità. Brodsky non era ancora partito per l’America, né Dovlatov per l’Estonia. C’erano ancora gli echi di libertà del periodo precedente, noto come “il disgelo”. I nostri personaggi sono ancora giovani, hanno trent’ anni e sono pieni di energia. Anche se li vediamo fin dall’ inizio esausti e con la barba lunga, non hanno ancora perso la speranza. Era cruciale per noi combinare la Storia con le vite private, mostrare artisti di talento che, a causa del clima politico, non potevano esprimersi come avrebbero voluto e tuttavia ancora credevano di poterlo fare, cercando sempre di rimanere fedeli a se stessi. Non avevo intenzione di idealizzarne la figura oppure scavare nel torbido. Volevamo invece mostrare l’umanità di Dovlatov e come la sua razionalità lo portasse a prendere decisioni che non lo rendevano un mero manichino al servizio dello Stato“.

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