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Fiore, l’amore incatenato di Claudio Giovannesi

Alla fine all’ultimo Festival di Cannes sono stati dieci i minuti di applausi per Fiore, il bellissimo film di Claudio Giovannesi presentato alla Quinzaine che da oggi, dopo l’anteprima del 25 maggio a Milano e Roma, è programmato in tutti i cinema d’Italia. Sceneggiatura dello stesso Giovannesi con Filippo Gravino e Antonella Lattanzi. Direttore della fotografia è il regista Daniele Ciprì.   


Carcere minorile. Daphne (una straordinaria Daphne Scoccia), detenuta per rapina, si innamora di Josh (Josciua Algeri), anche lui giovane rapinatore. In carcere i maschi e le femmine non si possono incontrare e l’amore è vietato: la relazione di Daphne e Josh vive solo di sguardi da una cella all’altra, brevi conversazioni attraverso le sbarre e lettere clandestine. Il carcere non è più solo privazione della libertà ma diventa anche mancanza d’amore.

Fiore è il racconto del desiderio d’amore di una ragazza adolescente e della forza di un sentimento che infrange ogni legge. È la storia di un’anima abbandonata, arrabbiata, un fiore che punge ma che profuma. Daphne ha avuto un’infanzia problematica (la madre non viene citata) e suo padre Ascanio (interpretato da Valerio Mastandrea) ha avuto e continua ad avere un rapporto complicato con la legge (è stato in carcere sette anni). Sentimenti al guinzaglio, amore imprigionato. Ascanio non è mai riuscito a proteggere la figlia, troppo preoccupato a rifarsi una vita.

Daphne Scoccia

Daphne Scoccia

E Daphne si piega su se stessa. Si trova in cella perché, troppo debole, ha scelto di delinquere sotto padrone, di essere un mostro aggressivo che minaccia a mano armata (di coltellino), le gole di passanti a cui rubare il cellulare. In carcere continua ed essere in conflitto sia con l’autorità – che continua a farle rapporto per qualsiasi cosa, anche per la più insignificante e innocente infrazione – sia con diverse detenute. In un momento di sconforto, cerca di dar fuoco al letto della cella. Un fuoco che invece lei comincia ad avere dentro, acceso da Josh, un detenuto come lei, nello stesso carcere. Tra i due nasce subito la confidenza. Hanno la stessa sofferenza dentro, la stessa speranza di uscire e ricominciare.

Quando si sentono abbandonati, lei dal padre (stupenda la sequenza in cui lei sogna una sua carezza) e lui dalla ex fidanzata che lo lascia, questo sentimento cresce e inizia ad avvicinarli. Si scrivono lettere, si cercano, si sognano. Nasce un amore che può salvarli, renderli persone migliori, persone che si meritano un’altra occasione. Ma questo amore verrà ostacolato “dall’alto”, dagli “adulti”. Perché Daphne e Josh vengono visti come due ragazzini indisciplinati, che hanno bisogno di essere puniti, di essere educati. Ed è proprio qui l’errore. Perché l’amore può salvare due anime perse.

Josciua Algeri

Josciua Algeri

I loro occhi parlano chiaro, quando si incrociano. E nonostante alcune incomprensioni, vissute con passione, Daphne non smette neanche un momento di cercarlo, anche quando lui viene definitivamente e volutamente trasferito. Così quando la ragazza ha un permesso di un giorno per stare con il padre e la sua nuova compagna, l’occasione diventa più unica che rara. Daphne riesce a rintracciarlo, scappa, lo raggiunge, lo bacia.

Josh molla tutto (lavora in una pizzeria di Milano) e scappa con lei. Prendono un treno, fuggono dai controllori. Entrano in un vagone e si accasciano stravolti a terra. Hanno il fiatone, ma sono felici. Sono insieme, si danno la mano. Sono ancora giovanissimi, avranno ancora molto da imparare, tutta una vita davanti. Ma quello che provano è fortissimo, più di ogni altra cosa. Non sappiamo dove andranno, come finirà, ma sappiamo che quell’amore che provano, può davvero salvarli.

Daphne e Ascanio (Valerio Mastandrea)

Daphne e Ascanio (Valerio Mastandrea)

Claudio Giovannesi con Fiore ha cercato di realizzare un film con il massimo grado di verosimiglianza possibile. Con questo intento, insieme ai co-sceneggiatori, il regista ha trascorso un periodo di quattro mesi (da gennaio a maggio 2014) di insegnamento volontario all’interno dell’Istituto Penale per i Minori di Casal del Marmo: il carcere minorile di Roma. “I maschi e le femmine in carcere non si possono frequentare e non hanno nessuna attività in comune – spiega Giovannesi – ma nonostante la detenzione e il divieto assoluto d’incontro riescono lo stesso a vivere storie d’amore: relazioni fatte di lettere, di sguardi da una cella all’altra e di conversazioni brevi, sottratte all’attenzione della polizia penitenziaria”.

Nonostante l’ambientazione carceraria del film, quello che emozionava il regista non era tanto un racconto morale sul reato e la condanna, ma erano i sentimenti degli adolescenti costretti nella detenzione: “il film è raccontato tutto dal punto di vista della protagonista diciassettenne, che vive contemporaneamente l’esperienza del carcere e quella del primo amore”. E’ possibile vivere l’adolescenza in un contesto carcerario? Preservare la grazia e l’innocenza pur essendo colpevoli davanti alle legge?Questa contraddizione è stata l’origine del lavoro, il paradosso di due adolescenti che vivono la forza del primo amore in un luogo dove l’amore è vietato”.

Daphne e Josh

Daphne e Josh

Nel film il carcere, per i ragazzi e le ragazze adolescenti, non è solo la privazione temporanea della libertà, ma è la mancanza di amore: “la morale non è più quella della legge, ma è quella anarchica dei sentimenti e le regole del carcere e i divieti dei poliziotti sono gli ostacoli da superare per vivere i sentimenti della propria adolescenza” conclude Claudio Giovannesi.

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