© Raimondo Rossi/Ray Morrison

Intervista a Ray Morrison: “Minimalismo, inclusività, durezza: il mio autentico punto di vista”

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Il cameralook, tecnicamente lo “sguardo in macchina”, non è potente soltanto nel cinema. Nella moda, ad esempio, ci sono fashion film in cui modelli e modelle guardano dritto negli occhi nello spettatore. C’è il movimento, c’è il montaggio, c’è la musica. Oltre al video, ci sono poi fotografie in cui lo sguardo in macchina raggiunge vette altissime in termini di emozione, di intensità e di verità, senza bisogno di filtri. Stiamo parlando degli scatti di Raimondo Rossi, in arte Ray Morrison.

© Raimondo Rossi/Ray Morrison

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Raimondo Rossi, in arte Ray Morrison

Perugino, ma famoso in tutto il mondo, Ray Morrison è universalmente riconosciuto come un eclettico personaggio all’interno del fashion system Mondiale. Fiore all’occhiello per la creatività targata Made in Italy, Ray non è solo un fotografo, ma anche uno stylist e art director, ed è proprio questa sua versatilità a renderlo uno degli artisti più originali e personali, capace di stare perfettamente anche davanti alla macchina fotografica (è stato spesso fotografato per e nei suoi differenti modi di vestire, ed è stato spesso scelto come “cover man”). Quando scatta invece segue un criterio preciso: i suoi ritratti o reportage sono rigorosamente senza Photoshop e con macchine fotografiche poco costose. Per conoscerlo meglio, lo abbiamo intervistato.

Arte, fotografia e moda, qual è il fil rouge che li unisce?

Sono dell’idea che alla base di queste forme di espressione ci sia il bisogno dell’artista di esprimere un suo punto di vista. Per me l’arte, la moda e la fotografia fanno parte di un unico mondo. E’ pur vero che chi lavora nella moda non sempre è a conoscenza dei travagli artistici di chi si occupa di fotografia e viceversa. Il fil rouge che le unisce può essere rintracciato in un equilibrio estetico che abbia personalità, non importa se si tratta di un outfit o di una fotografia.

© Raimondo Rossi/Ray Morrison

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Qual è la cifra stilistica di un lavoro firmato Ray Morrison?

Minimalismo, inclusività e durezza sono i capisaldi della mia cifra stilistica ma anche caratteristiche che ricorrono più spesso nella mia fotografia.

Com’è iniziata la tua carriera? E com’è cambiata la fotografia dal tuo esordio?

Dopo aver finito di frequentare un corso di fotografia, mi è stato chiesto di indossare delle creazioni di un designer emergente, ora emigrato a Londra, per Pitti uomo. In quel momento ebbi però un’importante intuizione e decisi di aprire anche un blog. Iniziai così a realizzare dei reportage nei backstage delle sfilate di moda fiorentine. Senza prevederlo, fotografia e moda si sono intrecciate dall’inizio. Riguardo al mio stile fotografico, ammetto di avere sviluppato maggiori consapevolezze riguardo quello che mi piace fotografare ma anche sul messaggio che voglio trasmettere attraverso gli scatti. Prima avevo la mera ambizione di scattare per farmi conoscere come fotografo.

© Raimondo Rossi/Ray Morrison

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Conosci bene Los Angeles, hai respirato Hollywood. Tra poco ci saranno gli Oscar. Volevo sapere com’è il tuo rapporto con il cinema? Come si ritrae una star mondiale? Ci sono dei registi che influenzano la tua fotografia?

Il cinema è un mondo affascinante che ha avuto un grande peso nel corso della mia adolescenza. È interessante notare come la moda faccia il cinema soprattutto a Los Angeles. Per questo mi è sempre piaciuto andare a quegli eventi che rappresentano dei punti di incontro fra i due mondi. Quando si fotografa una star mondiale non bisogna mai perdere di vista il fatto che si sta fotografando una persona. E di quella persona è importante che nello scatto sia preservata la spontaneità e l’autenticità. Non mi vengono in mente invece registi da cui possa avvertirne l’influenza. Credo che ognuno poi sviluppi il proprio stile senza bisogno di dover imitare qualcuno.

Assieme ad Alessio Musella, hai lanciato la campagna fotografica, “My Voice”, contro la discriminazione. Ce ne puoi parlare?

La campagna fotografica “My Voice” parte da una mia collezione di ritratti ed immagini a difesa delle discriminazioni e a tutela della diversità. Alessio Musella, attento conoscitore di tante forme d’arte e della realtà italiana che conosco e seguo da tempo , avendo visto la collezione di ritratti che avevo chiamato “My Voice”, mi ha proposto di creare una campagna vera e propria finalizzata a sensibilizzare i media e l’opinione pubblica su questo tema, inutile dire che l’idea mi è piaciuta da subito. Sto maturando qualche nuova idea per ampliarla.

© Raimondo Rossi/Ray Morrison

© Raimondo Rossi/Ray Morrison

Viviamo nell’era dell’immagine. Tutti oggi pensano di essere “fotografi”. Qual è la discriminante e quanto è importante oggi l’apparire?

Apparire è importante ma non bisogna abusarne. Mi rendo conto che a volte i media tendono a seguire questa direzione per soddisfare in particolare un’esigenza di mercato. Oggi la fotografia è accessibile a tutti e credo che questa sia una benedizione. Tutti possono approcciarsi alla fotografia. Le scuole odierne di fotografia vogliono instillare un pericoloso insegnamento, quello di far credere che più si ha studiato e più si è bravi. Io invece la penso come uno dei miei ex professori, il Professor Sullivan dell’università del Michigan che era dell’idea che il cellulare più insegnare tanto. Più di quanto si possa credere. La discriminante però sta nel creare uno stile fotografico autentico e che non sia soggetto ad imitazioni.

Intervista di Selene Oliva

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