Daniele Russo in "Un Ritorno"

INTERVISTA – Daniele Russo: “Al cinema italiano mancano idee e coraggio. Come attore mi ispiro a Sean Penn: amo le sfide impossibili”

Daniele Russo in "Un Ritorno"

Dopo aver parlato di Arancia Meccanica, abbiamo proseguito la nostra chiacchierata con Daniele Russo. Ecco la seconda parte dell’intervista:

Dopo oltre un anno dal suo debutto in teatro, ti chiedo subito che esperienza è stata per te Ricorda con Rabbia?

Un’esperienza complicatissima come attore, lo studio del personaggio è stato davvero difficile: troppo distante da me come carattere. Anche se c’è qualcosa di me – di indole anch’io sono un istintivo – lo sento molto distante soprattutto nell’approccio verso l’altro. Sono diverso da lui, che tende sempre a lamentarsi e a piangersi addosso in modo poco costruttivo. Io invece sono molto pragmatico.

Motivazioni diverse nei confronti della vita?

Alcune le capisco, eppure è stato difficilissimo entrare in quel suo mondo autolesionistico. Vorrebbe fare le cose per bene però, in un modo tutto italiano, si lamenta senza fare nulla. Per me è stato un triplo salto mortale capirlo. Entrarci e accettarlo. In questi casi poteva esserci il rischio di giudicare il personaggio che sarebbe la cosa più grave che un attore possa fare. Però quest’anno l’ho capito anche di più perché mi sentivo avvelenato come lui, nei confronti di tutto quello che sta succedendo intorno.

Daniele Russo con Stefania Rocca in "Ricorda con Rabbia"

Daniele Russo con Stefania Rocca in “Ricorda con Rabbia”

La comunicazione tra le persone oggi sembra essere più in rete che dal vivo…

Io, che sono uno che parla e si espone, mi imbarazzo a scrivere su Facebook. Non trovi una cosa scritta da me. Solo una volta scrissi una cosa su mia moglie e successe un casino (ride ndr.)! Mi imbarazza l’idea di nascondermi dietro uno schermo e scrivere, preferisco guardarti in faccia e parlare. Quando vedo scritte e citazioni, magari anche senza accenti e senza H, penso che sia un livellamento che va ancor di più verso il basso.

E la televisione?

La tv ha fallito nel suo potenziale. Per me è il più grande fallimento dell’umanità. Un’invenzione geniale, poter entrare nelle case dei cittadini per portare un messaggio positivo. Non tanto in termini di speranza, ma di formazione, di informazione e di crescita culturale. Invece è stata controllata e utilizzata per appiattire la massa.

Nei panni di Nicola Sorrentino nella fiction Mediaset "Il Clan dei Camorristi"

Nei panni di Nicola Sorrentino nella fiction Mediaset “Il Clan dei Camorristi”

Passiamo al cinema. Cosa ne pensi di Paolo Sorrentino?

Lui è un grande, a me piace moltissimo, anche se non mi sono piaciuti tutti i suoi lavori. Non tendo a idolatrare, come spesso si fa in Italia. Ha anche sbagliato dei film, però sempre con una mano e una testa dietro.

Il successo de La Grande Bellezza può rilanciare il cinema italiano?

Non basta un Sorrentino per rialzare il nostro cinema. Tanto è vero che non lo produciamo più noi in Italia. Non è solo un discorso di soldi, il cinema italiano continua a non avere né coraggio né idee. È un’altra prolunga della televisione. Non siamo né Hollywood né Bollywood.

Le cause di tutto questo?

Sono tre: mancanza di soldi; produttori senza palle; sceneggiatori senza idee e registi senza conoscenze che vadano oltre al sapere muovere una macchina da presa.

Un giudizio negativo il tuo…

Io ci provo a guardare i film italiani ma dopo un po’ cambio canale. Non siamo capaci nemmeno di scrivere più una commedia. Una delle più riuscite, Benvenuti al Sud, l’abbiamo copiata – e pure male – dai francesi. In questo caso non è questione di avere grandi mezzi, ma di aver trovato un’idea. Noi non l’abbiamo avuta, abbiamo copiato e abbiamo fatto peggio (ride ndr.). Ma non eravamo noi ad aver inventato la commedia all’italiana?!

Come attore dove ti trovi meglio?

Ora un film lo devo pure fare, però non corro troppo dietro al cinema perché non mi entusiasma, soprattutto le sua modalità. Per questo preferisco recitare in teatro.

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Con Donatella Finocchiaro in “La Ciociara”

In che senso cambiano le modalità?

Molti attori che fanno il passaggio inverso, cioè che passano dal cinema al teatro, cadono. Non perché non siano bravi, ma perché non hanno l’abitudine a lavorare in un certo modo. In Italia il modo in cui si fanno la tv e il cinema è facile. È come una catena di montaggio, mi viene in mente un pezzo che fece Battiston a La 7 contro gli attori cani, che sfiatano e che ‘buttano’ la battuta. Esilarante.

Ci sono attori cani quindi?

Per fare un personaggio ci vuole uno studio dietro. L’80% degli attori italiani fa sempre la stessa cosa. Sempre uguali, se hanno funzionato in un film il regista di turno ti chiede: “continua a funzionare sempre così grazie”. Altrimenti non saprebbero come dirigerli.

Tra gli attori italiani che modelli hai?

Noi abbiamo avuto uno dei più grandi al mondo, Gian Maria Volonté. In Italia il più grande, nel mondo direi tra i 5 migliori di sempre. Lui è il mio massimo modello insieme a Sean Penn.

Andiamo in ordine: come mai Volonté?

Non lo riconosci mai da film a film. In Italia si idolatra Mastroianni che era straordinario e magico, ma che tendeva a ripetersi. Volonté è inarrivabile.

Come mai Sean Penn?

Anche lui, non è mai simile a sé stesso. Nel suo caso per me stiamo parlando di dio!

Truccato in "Dignità di autonome prostituzione (Foto Luca Brunetti)

Truccato in “Dignità di autonome prostituzione” (Foto Luca Brunetti)

Ti piace sperimentare…

Quando mi è capitato di dover interpretare un personaggio simile ad un altro che avevo già fatto mi sono scocciato. Io voglio provare a fare qualcosa di diverso, anche se sbaglio. Almeno sbaglio provando a fare qualcosa di diverso. La sfida è quella. Anche copiando attori arrivati prima di noi, mica dobbiamo essere dei fantasisti per forza.

In Italia chi si mette più in gioco tra gli attori?

Elio Germano: riesce ad essere differente da sé stesso nei vari film che ha fatto.

Tu invece?

Io voglio ispirarmi a gente inarrivabile che magari ha anche sbagliato, ma l’ha fatto per fare ‘Un Personaggio’. Bisogna mettersi in gioco in questo mestiere altrimenti che cavolo lo stai a fare?

CAMERALOOK

Ryan Golsing in Le Idi di Marzo. Il suo sguardo in macchina nella prima e nell’ultima scena: sono due persone completamente diverse. Quando prepara il discorso per il presidente: è un’altra persona. Sconvolgente. Oh, quello è un mostro…attore straordinario.

Intervista di Giacomo Aricò

 

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