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Josep Bartolí, il disegno come arma nel film di Aurel

Lunedì 30 agosto nei nostri cinema uscirà Josep, il film d’animazione diretto da Aurel e sceneggiato da Jean-Louis Milesi ispirato alla vita e alle opere del grande illustratore spagnolo Josep Bartolì, un artista che con i suoi disegni si oppose al regime di Franco.

Il film

Febbraio 1939. I repubblicani spagnoli si dirigono in Francia per fuggire dalla dittatura di Franco. Il governo francese confina i rifugiati in campi di concentramento, dove si riesce a malapena a soddisfare il bisogno di igiene, acqua e cibo. È in uno di questi campi che due uomini, separati dal filo spinato, diventeranno amici. Uno è una guardia, e l’altro è Josep Bartolí (Barcellona 1910 – New York 1995), un illustratore che combatte il regime franchista.

Aurel racconta…

Ho scoperto i lavori di Bartolí per caso, mentre passeggiavo annoiato tra i reparti di una fiera del libro a cui ero stato invitato. La copertina del libro che Georges Bartolí dedicò allo zio Josep catturò la mia attenzione. Lo schizzo di un repubblicano spagnolo accasciato sulle stampelle, mezzo uomo, mezzo cadavere, un disegno eccezionale. Poteva essere solo il lavoro di un artista geniale. La mia prima impressione venne confermata da ogni pagina del libro: illustrazioni politiche ricche di dettagli e significato, critiche al potere, allo Stato, alla religione, alla vigliaccheria dei leader di tutto il mondo. E poi gli schizzi dei campi. Potenti tratti di matita a testimonianza di questo drammatico episodio del ventesimo secolo, così vergognoso e poco noto. La necessità di immergermi nella storia, di farla mia e riportarla in vita filtrata dal mio tratto di matita, mi ha ispirato all’istante“.

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Un disegno richiede sempre una motivazione. Perché scegliere questo mezzo anziché una foto, un live action o un semplice testo? Per molti il disegno è la bozza, è lo schizzo per spiegare un progetto, è la scelta grafica di quando non si dispone di niente di meglio. Un artista si ritrova a dover giustificare di continuo una scelta che gli appare ovvia, ma che risulta molto meno ovvia per altri. Una scelta, quella per il disegno, di cui non ci fidiamo, e a cui vogliamo sempre aggiungere qualcosa, una didascalia, una spiegazione, un sostegno. Per me è chiaro che il soggetto del film è il disegno, rivendico quindi non solo la scelta dell’animazione, ma anche il potere del disegno di mettere intrinsecamente in relazione tutto ciò che un’immagine reale non riesce a fare. Il tratto a matita sarà al centro di tutta la narrazione. Persino i colori verranno ridotti all’essenziale. Forniranno un supporto per il disegno, senza però imporsi o sovrastarlo“.

Il disegno è l’arte della scorciatoia, non per fare le cose di fretta, ma per portare l’occhio dello spettatore o del lettore alla vera essenza di ciò che vogliamo dire. Tutto il resto è decorazione. Bisogna fidarsi del disegno, che sa esprimere una moltitudine di sentimenti e significati grazie al suo stile e al suo modo d’essere. Grazie alle scelte dell’artista. Una foto – a meno che non sia ritoccata e quindi manipolata – può mostrare una scena soltanto nella sua interezza. Il disegno dello stesso soggetto sarà in grado di disfarsi degli elementi che rendono il messaggio confuso e di concentrarsi quindi sull’essenziale, senza nessun inganno“.

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Il disegno è, in linea di principio, un patto con il lettore o lo spettatore. Un patto provvisorio: ti raccontiamo una storia attraverso il prisma di qualcosa che non esiste in natura – la linea. (Nessuna persona, oggetto o animale è contornato da un tratto a matita). Cancellare i volumi che ci circondano e accettare di rappresentarli usando solo linee, contorni, che non fanno parte del nostro mondo è un processo intellettuale complesso. Eppure, tutti lo comprendono, a partire dalla preistoria o dalla prima infanzia. Con questo film voglio dare al disegno la giusta attenzione, mostrando cosa è in grado di esprimere, portando così lo spettatore a riscoprire la fiducia infantile in questa scorciatoia data della linea, in grado di mettere in relazione il mondo in tutta la sua complessità“.

Al di là di questa dichiarazione artistica, al di là delle ovvietà (un fumettista che lavora sull’opera di un altro fumettista), un film d’animazione è l’unico modo di mostrare come il disegno ci permette di catturare ed esprimere un’opinione riguardo un evento, di mettere in evidenza un difetto, una contraddizione o un’ingiustizia. Di rendere immediatamente chiaro un concetto allo spettatore senza parole o perdite di tempo. Di mostrare il disegno anche come un grido. Un grido che sarà senza dubbio diverso per ogni spettatore. Un grido che ci permette di fare esperienza del mondo così com’è senza farci trarre in inganno. Un grido nato dalla speranza che le cose migliorino o che non succedano più. Un grido universale che, per Josep come per me, passa attraverso un foglio di carta e una matita“.

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Con questo film vorrei interrogarmi sulla nozione di impegno, resistenza, testimonianza e ovviamente esilio. Il partigiano è colui che si oppone fisicamente a qualcosa di insostenibile, anche a costo della propria vita. Il giornalista è colui che osserva e deve preservare la propria vita per testimoniare. Bartolì era entrambe le cose. Prendeva in mano la matita quando le armi diventavano inutili. I miei avi scelsero di imbracciare le armi quando necessario. Io ho la mia matita per dire cosa potrebbe andare meglio. Il tema dell’esilio mi è sempre stato caro (ci ho dedicato diversi libri). Da ragazzo cercavo disperatamente qualcosa di esotico nel nostro albero genealogico. Il potere del disegno e l’esilio sono stati il cuore di questo progetto fin da subito (2010). Ma questi due elementi hanno assunto un’importanza diversa negli ultimi mesi. E, a dispetto di tutto, il film è diventato davvero attuale“.

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