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Roma e quella sua Grande Bellezza Cafonal

Per coloro che li hanno acquistati, o perlomeno sfogliati, La Grande Bellezza di Sorrentino in più sequenze ricorda quei manuali fotografici realizzati da Dagospia: Cafonal e Ultra Cafonal. Quell’Italia rumorosa e strombettante in segreto, fatta di personaggi altolocati in più livelli e in più settori. Quelle feste mondane sfrenate e super riservatissime, dove se ne vede di ogni e dove tutti gli invitati sanno su tutti e conoscono tutti. Cibo e alcool a volontà, vestiti chic luccicanti, giochi pirotecnici , spettacoli d’arte personalizzati, eserciti di inservienti caricati con le molle, tanta, tantissima, nudità. Volgarità e trash, come documentano le immagini e gli scatti (più o meno rubati) di Roberto D’Agostino e Umberto Pizzi.

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Un’Italia cafona(l) che se la spassa alle spalle dei cittadini, senza sensi di colpa. Una macabra danza su un Paese che dorme, accecato da tutte quelle bende perfidamente avvolte da questi signori del potere. Un gioco che c’è da sempre ma che però una volta rimaneva maggiormente confinato nel top secret. Se una volta lo svago dei potenti rimaneva rinchiuso nella nostra immaginazione, oggi la realtà riesce a dimostrarci che va anche peggio di ogni fantasia. Politici, imprenditori, artisti più o meno (de)cadenti, personaggi della tv, ma anche preti, prelati, giornalisti… Nei due libri di Dagospia (editi da Mondadori) si vede tutto questo.

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Ma non è solo gossip. Il mood generale che ne esce è quella sensazione che oltre al divertimento delle abbuffate in quei saloni, giardini, palazzi, ville (e così via…), si consumino anche importanti decisioni per l’Italia. O meglio, importanti decisioni di vantaggio personale, tra maggior guadagno e poltrone raccomandate. Trattative tra scollature, vodka, silicone, torte di panna e porchetta e qualche sostanza eccitante da consumare più o meno appartati. In tutte le scene di festa del film sembra proprio di sfogliare questi volumi di foto. Sorrentino li avrà sicuramente visti. D’altra parte è così che funziona nel cinema. Si parte dalle immagini della realtà. Se per fare i film in costume ci si basa sugli antichi dipinti ad olio (uniche ‘fotografie’ di un tempo prima dell’invenzione dello scatto), per fare un film così coraggioso su quello che è l’Italia l’occhio indiscreto dei fotoreporter e dei paparazzi diventa fondamentale.

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Jep Gambardella è il Re indiscusso di questi teatrini in cui la gente si stordisce per affossare la propria vergogna. Talmente senz’anima da trasformare il lutto ed il funerale di un giovane ragazzo suicida nell’evento mondando per eccellenza. E intanto il Paese affonda, come si vede nella voluta inquadratura di una ancora piegata Costa Concordia. La Roma di un tempo però luccica ancora anche se dimenticata e lasciata sullo sfondo.

Quando, in una location da orgia, un Medico dispensa botulini a volontà, il rumore di ogni singola iniezione è una pugnalata nel cuore. 700 euro polverizzati in un secondo in questa società dell’apparenza. Una cifra che fa attorcigliare il fegato di chi guarda. Così come ci disturba la violenza con cui si costringe una povera bambina a fare uno spettacolo d’arte pittura per gli ospiti, perché il talento oggi deve essere premiato ad ogni costo. Anche facendole saltare i nervi, facendola cadere in un pianto disperato.

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La vera bellezza è l’innocenza dei bambini che corrono e si nascondono per giocare. La vera bellezza è il patrimonio artistico, architettonico e storico di Roma. La vera bellezza sarebbe o dovrebbe essere ancora il sacrificio, l’altruismo tra le persone, pesantemente rappresentata dalla Santa: la vera ricchezza è dentro di noi.

Giacomo Aricò

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