Io C'è 0 @ANNA CAMERLINGO - Copia

La religione dello Ionismo nel Io C’è di Alessandro Aronadio

Non avrai altro Dio all’infuori di te”. Questo è lo slogan di Io C’è, il nuovo film diretto da Alessandro Aronadio – dal 29 marzo al cinema – con protagonisti Edoardo Leo, Giuseppe Battiston e Margherita Buy.


Massimo Alberti (Edoardo Leo) è il proprietario del “Miracolo Italiano”, bed and breakfast un tempo di lusso ridotto ormai a una fatiscente palazzina. La crisi che ha messo in ginocchio la sua attività sembra non aver toccato i suoi vicini, un convento gestito da suore sempre pieno di turisti a cui le pie donne offrono rifugio in cambio di una spontanea donazione. Esentasse. Massimo ha un’illuminazione: per sopravvivere deve trasformare il “Miracolo Italiano” in luogo di culto. E per farlo, deve fondare una sua religione.

Nasce così lo “Ionismo”, la prima fede che mette l’IO al centro dell’universo. Ad accompagnare Massimo nella sua missione verso l’assoluzione da tasse e contributi, la sorella Adriana (Margherita Buy), irreprensibile commercialista, e Marco (Giuseppe Battiston), scrittore senza lettori e ideologo perfetto del nuovo credo.

Edoardo Leo (foto di Anna Camerlingo)

Edoardo Leo (foto di Anna Camerlingo)

Il regista Alessandro Aronadio racconta così Io C’è:

Da ateo, ho sempre avuto una grande curiosità per il mondo della fede. Sarebbe fin troppo semplicistico, nonché stupido, considerare i credenti soltanto come meri partecipanti di un delirio collettivo. In fondo, quello che fanno è credere in una storia, e chi fa il nostro mestiere dovrebbe conoscere bene l’importanza delle storie. Da migliaia di anni, miliardi di persone hanno bisogno di credere in morti che resuscitano, fasci di luce portentosi, entità superiori magnanime o vendicative, personaggi che volano o camminano sulle acque. Com’è possibile?

Mi torna in mente un concetto che noi che cerchiamo di scrivere storie conosciamo bene: “si chiama sospensione dell’incredulità quel fenomeno che si richiede davanti a una storia raccontata (per esempio al cinema o a teatro) di sospendere le proprie facoltà critiche allo scopo di ignorare le incongruenze, le illogicità, e godere appieno di un’opera di fantasia”, dicono. È esattamente quello che fa un credente: sospendere l’incredulità, credere all’inverosimile. Questo pensiero in realtà mi fa capire, meglio di altri, che forse anch’io, in quanto amante delle storie, spettatore di storie, sono molto più vicino a un credente di quanto pensi. Il bisogno è lo stesso: quello, appunto, di avere raccontata una storia”.

Margherita Buy (foto di Anna Camerlingo)

Margherita Buy (foto di Anna Camerlingo)

È evidente che ci sia un atavico bisogno di credere in qualcosa da parte dell’uomo. Dietro, confinato dall’altra parte del cervello, c’è il terrore che tutto sia solo frutto di coincidenze, casualità. Esattamente come quando un bambino chiede che gli si racconti una storia prima di andare a dormire, la religione assolve la stessa funzione: non importa se sia vera o falsa, l’importante è che ci faccia addormentare sereni. La storia ti dice che c’è un ordine, dove attorno a te sembra ci sia solo il caos. Lo fa un romanzo, lo fa un film, lo fa una dottrina. Semplicemente, ti dice che c’è una struttura: un prima, un presente, e un dopo”.

Ma un altro aspetto mi incuriosiva nel fare in particolare una commedia sul tema della religione. Molti mi sconsigliavano di farlo, perché “queste sono cose serie”, “non si ride di certi argomenti”. Trovo invece che ci sia qualcosa di intrinsecamente comico nelle religioni: gli abiti liturgici, le storie che raccontano. In questo film io riporto esattamente credenze e precetti di vari culti: se questi susciteranno risate, la responsabilità non sarà di certo mia. Per intenderci, non c’è niente di più grottesco di alcuni passaggi di testi sacri, di alcuni riti, di alcune regole, se li approcci con sguardo “laico”. Senza nemmeno il bisogno di distorcerli o parodiarli. In più, mi sembrava interessante raccontare una religione che “parte dal basso”. Lo Ionismo del mio film dice che al centro dell’uomo deve esserci l’Io, e non Dio. Un concetto questo che, traslato su ogni aspetto della nostra vita, religioso, politico o sociale che sia, mi sembra estremamente contemporaneo”.

Giuseppe Battiston (foto di Anna Camerlingo)

Giuseppe Battiston (foto di Anna Camerlingo)

Del resto, nell’epoca in cui viviamo, se un blogger si crede uno scrittore e uno youtuber un opinionista, perché mai un fedele non può riconoscere in se stesso un profeta? Come dice Marco, l’ideologo della religione Ionista: “non avrai altro Dio all’infuori di te”. In ultimo, mai come adesso, il tema della religione sembra essere un territorio minato, un argomento di discussione che si evita come la peste, per scongiurare la gaffe, il politicamente scorretto, la polemica, se non il pericolo: viviamo in un momento storico in cui ci si uccide perché si crede, se vogliamo, semplicemente in storie diverse. La reazione a questo è il non voler toccare l’argomento”.

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