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Le gare di appalto Al Massimo Ribasso, il film civile di Riccardo Iacopino

Cooperativa Arcobaleno, che da vent’anni gestisce la raccolta differenziata della carta a Torino, torna ad occuparsi di cinema producendo Al Massimo Ribasso, il film scritto e diretto da Riccardo Iacopino che fino al 3 giugno è programmato al cinema Fratelli Marx di Torino.


Diego (Matteo Carlomagno) ha un segreto, che lo segna come una maledizione, una strana dote che lo rende diverso dagli altri, che lui rifiuta ma che sfrutta per il suo lavoro. Carpisce segreti industriali grazie ai quali aziende mafiose vincono gare di appalto pubbliche. È il sottobosco degli intrecci tra corruzione e malavita. Diego lavora con i carnefici, ma vive in mezzo alle vittime. Un giorno si innamora di Anita (Viola Sartoretto) una donna in lotta per ricostruirsi una vita. Le loro strade si intrecceranno e lui sarà costretto a scegliere.

Lasciamo spazio alle note di regia di Riccardo Iacopino.

L’idea di Massimo Ribasso nasce dall’esigenza di raccontare un aspetto della vita sociale di stretta attualità, quello delle gare d’appalto pubbliche in cui vince chi presenta l’offerta più bassa per svolgere un determinato servizio, a discapito di qualità, sicurezza, efficienza e dignità, e dalla volontà di farlo senza rimanere ingabbiati nei consueti punti di vista. Quello dei buoni, a rischio agiografia, o quello dei cattivi, attraverso il quale è facile cadere in un’identificazione ambigua con personaggi che poco o nulla hanno di positivo e commendevole”.

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Da questa esigenza e da questa volontà, nasce il personaggio di Diego Malenotti, il nostro protagonista. Al di là persino del suo volere, Diego si trova nel mezzo. Lavora per i cattivi, ma vive in mezzo alle vittime, alla piccola gente che si arrangia, che spesso è la prima a subire le conseguenze dei suoi atti. È l’ambiente in cui è sempre vissuto e al quale sente di appartenere. Il fatto di avere una dote, un “dono” così particolare non hanno generato in lui ambizione o sete di potere, anzi. L’unica cosa che ha sempre desiderato, è essere accettato. Si è sempre sentito diverso, una specie di mostro, l’unico che vede in un paese di ciechi. Non ha avuto la forza di diventare un re e ha rischiato di finire in manicomio. In un mondo in cui molti, per sfuggire a una realtà frustrante, sognano di avere un “dono”, un vantaggio, un super potere, Diego, che lo possiede veramente, lo nasconde, lo rifiuta, vorrebbe solo neutralizzarlo e vivere come gli altri”.

È un emarginato, anzi si auto-emargina, cercando di estraniarsi dal brusio confuso e incomprensibile che sono per lui i pensieri degli altri, che non lo lasciano mai. Si isola come può, coprendo insieme al frastuono di voci altrui, anche la propria. Diego ha intuito che le persone spesso non sono quello che pensano e non vuole ascoltare neanche se stesso. La sua dunque è una postazione in qualche modo privilegiata rispetto agli eventi. Non è né buono, né cattivo. È la vita che lo ha spinto dov’é e lui, come molti altri, non è riuscito a scegliere, ha accettato di stare dove si è trovato. Fa il suo lavoro sporco, ma rifiuta di vederne le conseguenze. Il suo atteggiamento è un modo per vendicarsi della vita”.

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Certo, la sua simpatia va al senza casa con problemi mentali, a cui si sente vicino, o all’operaio licenziato per via di una gara persa in modo truffaldino, e non certo al mafioso che quella gara stessa se l’è aggiudicata, e col suo aiuto. Ma non c’è dubbio che questa sia una posizione ambigua e che il suo sia un difficile equilibrio. Equilibrio che infatti si rompe quando l’amore costringe Diego ad uscire da sé e a confrontarsi con la realtà. In Anita si specchia. Anche lei, per paura, si è rifugiata nella sua parte più buia, rifiutando il suo talento, la relazione vera col mondo. Anche lei vive attaccata alle proprie dipendenze per non sentire quello che ha dentro. Diego, fin da subito, sente che deve aiutarla a salvarsi, per salvare anche se stesso”.

E lo fa spingendo alle ultime conseguenze il gioco rischioso a cui ha accettato di partecipare, con serenità, in piena luce. E per questo, anche se arrivato in una strada senza sbocchi e senza possibilità di dubbio su quale sia la sua fine, non lo vedremo morire. Ma abbiamo detto che Diego vive in un mondo vero, in cui si vive “al massimo ribasso” sia nella vita materiale che in quella morale. E questo mondo dovrà in qualche modo essere rappresentato in modo estremamente oggettivo, quasi documentaristico, in ambienti reali e utilizzando in molti casi attori presi dalla realtà, in maniera insieme contrapposta e complementare a quella che è la visione soggettiva del protagonista”.

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Gli aspetti sociali della storia sono altrettanto importanti e strettamente legati alle vicende del protagonista, seguendo il quale abbiamo la possibilità di raccontare i retroscena di una gestione scorretta degli affari e della cosa pubblica, di mostrare le conseguenze gravi di tali comportamenti e di esplorare un mondo marginale e quotidiano, che fra disagio, dipendenze, precarietà riesce ad esprimere una sorta di epica sotterranea, nascosta fra luci al neon, tram e cassonetti. Che va espressa al ritmo sostenuto della musica suonata dalla città stessa, col coraggio di utilizzare nuovi linguaggi visivi e i nuovi codici attraverso i quali tutti comunichiamo ogni giorno. E senza paura di fermarsi, ogni tanto, ad ascoltare. Il realismo e la precisione del contesto, che si è cercato di perseguire già in fase di sceneggiatura, saranno necessari per costruire una solida struttura di credibilità che renda possibile accettare il lato fortemente fantastico della storia, ovvero un personaggio che “sente” i pensieri degli altri”.

Non il primo, e probabilmente nemmeno l’ultimo di una serie nutrita di lettori di menti che popolano tante storie. C’è di nuovo, forse, che per capire di più su se stesso, Diego si rivolge a un fisico, che osserva, misura e studia l’universo e l’energia di cui è composto. È ormai quasi un secolo che la fisica, sia che tratti delle galassie che dell’infinitamente piccolo, ha a che fare con questioni al confine con la metafisica. Si fanno strada teorie che attribuiscono alla coscienza dell’osservatore un ruolo preminente nello svolgersi di certi fenomeni e della realtà tutta, si introducono concetti che sembravano finora utilizzabili solo in un contesto e una dimensione spirituale, si affrontano con minor scetticismo alcune evidenze prima relegate al campo del para normale. È in quest’ultima casistica che trova posto la strana storia di Diego. Può sembrare banale, infatti, quasi scontato, nel magic shop che ci circonda, affermare che il pensiero sia energia”.

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Ma, se questo è vero, non sono affatto scontate le implicazioni di ciò, ed è un fatto che l’argomento sia oggetto di studi avanzati, in serie e prestigiose università di tutto il mondo. Non è scontato di sicuro per Diego, che col pensiero suo e degli altri ha dovuto presto misurarsi, suo malgrado, consapevole all’estremo di una funzione della mente che la maggior parte degli uomini, nella gran parte della vita, in qualche modo subisce, più che utilizzarla e controllarla. In un mondo al massimo ribasso, che non può in alcun modo capirlo o apprezzarlo. Diego è un Uomo Ragno renitente. Avrebbe potuto utilizzare il suo potere contro il male, ma non ne ha avuto il coraggio o l’opportunità. Come chi preferisce distruggere un’arma troppo potente perchè non cada in mani sbagliate, decide di uscire di scena, di volare via. Non è un eroe. È solo un uomo che ha scelto di amare, come può e come sa”.

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