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Light Years, la famiglia secondo l’esordiente Esther May Campbell

Che cos’è la famiglia? Per Rose, la protagonista di Light Years – l’esordio di Esther May Campbell in Concorso alla 30. Settimana Internazionale della Critica – è come una costellazione profondamente unita, sospesa nell’infinito: le stelle che la compongono si possono percepire tra di loro, nonostante siano scomparse milioni di anni fa. Nonostante siano distanti – come suggerisce il titolo – “anni luce”. Riusciranno anche i membri della sua costellazione-famiglia a rimanere uniti, mentre tutto va in frantumi?

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All’origine del film – racconta Esther May Campbell c’era nella mia testa l’immagine di una bambina di otto anni che rincorre l’autobus per andare dalla mamma”: quella bambina è diventata Rose, sua madre è Moira, ricoverata in una casa di cura.

Rose è troppo piccola, non capisce perché nessuno, in famiglia – il padre Dee, la sorella adolescente Ramona, il fratello Ewan – voglia accompagnarla a trovare la mamma. E così, un giorno, improvvisamente esce di casa e decide di andarci da sola. Il punto di vista del film è il suo: quello di una bambina che si salva dal dolore grazie all’immaginazione, che alla consapevolezza dei due fratelli adolescenti contrappone lo sguardo vitale e pieno di speranza dell’infanzia.

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lli adolescenti contrappone lo sguardo vitale e pieno di speranza dell’infanzia. Girato con uno stile ricco di spunti visivi e sonori, Light Years è, come spiega il delegato generale della SIC, Francesco Di Paceun film rivelazione, una scoperta sicura” che racconta “tre ragazzi di età diverse costretti a confrontarsi con le distanze che li separano dalla vita adulta, in un road movie a piedi che li condurrà alla coscienza del mondo reale che li circonda”.

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