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Santa Lucia, il viaggio nel passato di Renato Carpentieri

Dopo l’anteprima al 39° Torino Film Festival, giovedì 3 novembre esce nelle sale Santa Lucia, esordio al lungometraggio del giovane regista e sceneggiatore napoletano Marco Chiappetta, che vede protagonisti due grandi interpreti della scena teatrale e cinematografica italiana, Renato Carpentieri e Andrea Renzi.

Il film

Dopo molti anni trascorsi in Argentina, Roberto (Renato Carpentieri), scrittore ormai cieco, torna a Napoli per la morte della madre. Insieme con il fratello Lorenzo (Andrea Renzi), musicista mancato, intraprenderà un viaggio della memoria nella città della sua giovinezza, che non può più vedere ma solo percepire attraverso i sensi che gli restano, i ricordi e l’immaginazione, alla ricerca del tragico motivo del suo addio.

Marco Chiappetta racconta…

“Quando ho lasciato Napoli all’età di 20 anni per vivere a Parigi, la mia città mi mancava così tanto che quando camminavo per il lungosenna chiudevo gli occhi e sognavo di essere lì: il fiume era il mare, l’odore era quell’odore, incontravo sulla strada i fantasmi del mio passato, rivivevo nella mente scene della mia vita, e sentivo davvero di essere di nuovo a Napoli, e tutto era possibile nell’oscurità. Così iniziai a chiedermi: cosa succederebbe se un uomo tornasse dopo un lungo esilio nella sua città natia, nei luoghi della sua vita, e non potesse più vederli? Come potrebbe un cieco distinguere la realtà dal sogno e dai ricordi?”.

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L’idea del film è raccontare il viaggio nel passato di un uomo senza futuro, il “punto di vista” di un cieco che non può più vedere ma solo sentire con gli altri sensi, immaginare, ricordare. Una cecità più metaforica e poetica, che fisica. La città che Roberto attraversa insieme al fratello Lorenzo (sorta di moderno Virgilio) è una Napoli inedita e senza tempo, cupa, spettrale, abbandonata e minacciosa, come un enorme, silenzioso cimitero, popolata solo da fantasmi e visioni di un passato lontano, insieme meraviglioso e terribile. Roberto passa da un ricordo all’altro, da un luogo dell’anima all’altro, come in un labirinto, ricucendo il mosaico della sua vita alla ricerca del pezzo mancante. Questo viaggio nella memoria non è raccontato attraverso i classici flashback, ma mischiando passato e presente in un vertiginoso flusso di coscienza, una sola unità di azione, spazio e tempo, come se questi eventi avvenissero per la prima volta davanti agli occhi di Roberto, testimone della sua stessa vita, che vede senza vedere”.

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