(© Moonlighting STU Productions Pty Ltd)

VENEZIA 72 – Amos Gitai ripercorre l’ultimo giorno di Yitzhak Rabin, Oliver Hermanus ci porta al fiume infinito

(© Moonlighting STU Productions Pty Ltd)

È giunto a metà il Concorso della 72esima Mostra cinematografica di Venezia. Primo film in gara di oggi è Rabin, the Last Day di Amos Gitai, incentrato su uno degli episodi più traumatici nella storia di Israele: l’uccisione del premier laburista Yitzhak Rabin da parte di un giovane colono della destra nazionalista ebraica, determinato a far deragliare il processo di pace con i palestinesi. Il film si basa sul rapporto della Commissione ufficiale di inchiesta presieduta dal giudice Meir Shamgar.

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La sera di sabato 4 novembre 1995 il primo ministro Yitzhak Rabin viene ucciso al termine di un grande comizio politico organizzato nel centro di Tel Aviv. Il suo assassino, arrestato sulla scena del crimine, è un ebreo osservante di 25 anni. Le indagini su questo brutale omicidio rivelano l’esistenza di un mondo oscuro e terrificante che ha reso possibile questo atto tragico. Una sottocultura di odio alimentata da una retorica isterica, dalla paranoia e dagli intrighi politici. I rabbini estremisti che condannarono Rabin invocando un’oscura decisione talmudica.

Gli eminenti politici di destra che parteciparono a una campagna di incitamento contro Rabin. I coloni israeliani militanti per cui la pace significava tradimento. E gli agenti di sicurezza che videro cosa stava per succedere e non riuscirono a evitarlo. Questo tributo al premio Nobel Yitzhak Rabin, in occasione del ventesimo anniversario della sua morte, getta luce su una crescente crisi dell’odio che affligge la società israeliana odierna. Amos Gitai coniuga magistralmente ricostruzioni fittizie e filmati d’archivio dell’attentato e dei momenti immediatamente successivi per creare un thriller politico che fa riflettere.

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Obiettivo di Amos Gitai ero quello di analizzare i fattori che hanno portato all’assassinio di Rabin: “sono passati vent’anni – spiega – le prospettive della pace sono svanite con i sogni di normalità degli anni novanta. Ma gli uomini che resero possibile l’omicidio del nostro primo ministro sono ancora a piede libero. Alcuni di loro flirtano oggi con il potere”. Il regista si dice allarmatodalla crescente diffusione di una violenza di matrice religiosa nel cuore della società laica israeliana. È una malattia che potrebbe tranquillamente distruggere l’idea democratica su cui è stato fondato Israele. A mio avviso, alle sue origini Israele era un’impresa politica, non religiosa, una conclusione politica di una lunga storia di sofferenza vissuta dal popolo ebraico”.

Secondo film di oggi è invece The Endless River di Oliver Hermanus, ambientato nella piccola città sudafricana di Riviersonderend (fiume infinito). Una giovane cameriera accoglie di nuovo a casa il marito che ha scontato una condanna di quattro anni in prigione. Inizialmente il suo piano di ricominciare una nuova vita insieme sembra funzionare, ma quando la moglie e il figlio di un vicino agricoltore vengono brutalmente uccisi, la giovane cameriera e il vedovo iniziano a frequentarsi. Si crea uno strano legame tra loro, alimentato da rabbia, dolore e solitudine, sentimenti che sfociano in nuova violenza.

"The Endless River"

“The Endless River”

Gilles e Tiny provengono da due mondi diversi. Lui è uno straniero che soffre e vive in una terra che gli è estranea e lei una modesta cameriera del posto che cerca di cominciare una nuova vita con il marito recentemente uscito di prigione. Per Oliver Hermanus, i due sono “persi nella loro sventura e solitudine e in cerca di una tregua dalle carte che il destino ha loro assegnato, si trovano infine a ingaggiare una battaglia tra vittima e carnefice, tra innocenza e colpa e, soprattutto, tra ciò che è stato perso e ciò che è stato trovato”.

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