Il 20 dicembre del 2000 negli Stati Uniti esordiva un film che sarebbe rimasto a lungo nella memoria degli spettatori, Cast Away, diretto da Robert Zemeckis con protagonista Tom Hanks, forse l’attore più iconico di tutta l’industria Hollywoodiana di fine anni ‘90. La pellicola segue la tragica disavventura di un dirigente di un’importante azienda di logistica che finisce naufrago su un’isola deserta. Per quattro anni il suo unico compagno sarà “Wilson”, un pallone su cui disegnarà un volto, oggi diventato non solo il simbolo del film, ma soprattutto un archetipo di solitudine, di quell’aggrapparsi a qualunque cosa pur non lasciarsi andare, anche di fronte a situazioni che ci portano al limite. Il parallelismo con questo 2020 di privazioni è immediato, ma forse per le motivazioni opposte a quelle che possiamo percepire in prima battuta.
Reinventare Robinson Crusoe
Le premesse di Cast Away erano scoppiettanti. Hanks e Zemeckis avevano già collaborato nel 1994 e avevano regalato al mondo Forrest Gump, capolavoro che sbancò agli Oscar e si guadagnò l’immortalità grazie ad un protagonista che ha incarnato i valori della miglior America di sempre. Con un budget di 90 milioni di dollari Zemeckis propose l’idea chiave del progetto: la compagnia di trasporti FedEx vola sopra il Pacifico oltre tre volte al giorno per consegnare i pacchi: cosa accadrebbe se uno di questi aerei…precipitasse? Tom Hanks, da tempo interessato ad un ruolo simile, fu presto il perfetto Chuck Noland, positivo ed efficiente dirigente proprio di FedEx, prossimo alla proposta di matrimonio ad Helen Hunt che poco prima di Natale deve recarsi in Malesia per risolvere alcune problematiche. In una scena decisamente claustrofobica l’aereo precipita in un punto non specificato dell’Oceano e Noland si ritrova solo su un’isola che forse in altri tempi avremmo definito paradisiaca, mentre qui ha l’aspetto di un affascinante ma crudele infermo. Sta per nascere un nuovo modo di intendere il mito di Robinson Crusoe.
L’eroe positivo che non si arrende mai
Tom Hanks è l’esatta rappresentazione di quanto di buono possa esserci nell’animo umano. Dall’ingenua bontà di Forrest Gump alla dedizione del Capitano John Miller in Salvate il Soldato Ryan, dalla coraggiosa intensità di Andy Beckett in Philadelphia alla pura lealtà del pupazzo Woody di Toy Story. Come si potrebbe comportare un eroe del genere di fronte ad una situazione così disperata? Sullo schermo troveremo un McGyver estremamente contemporaneo che non perde tempo: assembla strumenti con il contenuto dei pacchi FedEx che riesce a intercettare – tranne uno, e per un ottimo motivo – costruisce il minimo di strumenti per la sopravvivenza, e soprattutto mostra il suo lato fragile sfogandosi nella ricerca di un compagno con cui condividere le emozioni. Un pallone marca Wilson, con un’impronta insanguinata e due occhi disegnati, che diventa presto il partner giusto per sopravvivere alla solitudine. Non ci rendiamo realmente conto di quanto sia protagonista fino a che questo oggetto non si allontana dalla zattera, e il nostro Noland sembra quasi titubante tra la sua stessa salvezza, oppure l’abbandono dell’amico. Noi spettatori siamo intimamente toccati per qualcosa di così irrealistico che ci spiazza e rende veramente tangibile i quattro anni di lontananza e di sofferenza del naufrago.
Una piega drammatica che non ti aspetti
Rispetto a tante altre pellicole di Hollywood, Cast Away ha il coraggio di lasciare il finale positivo esclusivamente negli ultimissimi fotogrammi. Il film inizia con il contagioso dinamismo del personaggio di Hanks che si trasforma prima in ingegnoso problem-solving, poi in quel l’immobilismo di chi deve concentrare le energie per sforzarsi di sopravvivere, in attesa di una svolta. Che si materializzerà come un pannello, la futura vela della zattera di salvezza. Il ritorno è sensibilmente toccante, con il racconto del ragionato e tentato suicidio che esprime ancora meglio qualcosa che avevano percepito anche noi, vedendo a un certo punto un cappio sull’isola. Poi finalmente l’incontro finale nel ranch del personaggio di Bettina, e lo sguardo di Hanks che, in linea con la filosofia di Chuck Noland, stava forse attendendo “ciò che la marea gli avrebbe portato”.
Una tragedia estremamente attuale
Riguardare oggi questo film ci porta a pensare all’emergenza sanitaria mondiale che stiamo vivendo. Isolati dal resto del mondo, lontani dagli affetti, in un limbo di distanza da tutti e abbattuti dall’incerto domani. Anche il ruolo delle consegne, nostro vero reticolo di scambio e contatto con l’esterno, sembra offrirci un modello con il quale confrontarci. Ma tolta la patina drammatica, ciò che possiamo scorgere è esattamente l’opposto. Il personaggio di Hanks ha trovato un obiettivo che non è solo la sopravvivenza, e quindi tornare a casa, ma un qualcosa di nobile come consegnare l’ultimo pacco alla legittima destinataria. Il fatto di conservarlo per quattro anni intonso e di portarlo di persona gli garantirà la svolta probabilmente più positiva di tutta la sua esistenza. Senza contare la necessità di costruzione di un rapporto con gli amici, nuovo e differente, lo capiamo dall’attimo conviviale di festeggiamento con tutti e dagli istanti di intimità e franchezza con il collega, bevendo scotch nella notte più buia. Tom Hanks riesce a restituirci un personaggio che nonostante le difficoltà ha saputo tenere duro, non si è abbattuto ma ha invece ricercato dentro di sé il necessario per tirarsi fuori da una brutta situazione. Esattamente ciò che ognuno di noi può fare per andare avanti e superare le avversità, piccole, medie o grandi, che questo 2020 ci ha portato. Probabilmente nessuno di noi ha iniziato a parlare con un pallone… anche se, volendo, possiamo iniziare a farlo!
Tra pathos e marketing, il film vive nella realtà
Se i palloni originali impiegati durante le riprese sono poi stati battuti all’asta con cifre da capogiro, il mitico Wilson è oggi acquistabile come gadget, simbolo del “miglior amico” nei momenti di difficoltà, come in effetti lo è stato per Chuck durante i quattro anni sull’isola. Un film del genere è davvero capace di entrare nella realtà non solo per la storia, ma per l’immaginario che sa generare dato che, di fatto, lo storytelling del naufrago di Cast Away ha raggiunto nella cultura pop la figura di Robinson Crusoe, aggiornandola e rendendola estremamente moderna e vicina al pubblico. Lo stesso capita per altri aspetti come la rappresentazione di un’azienda come FedEx. Perché grazie a questa collaborazione, questo colosso della logistica è divenuta immortale nell’immaginario di ogni cinefilo. FedEx non ha dovuto sborsare un dollaro – in cambio ha offerto consulenza, location e supporto – e in Hanks ha ottenuto un emblema, colui che nonostante tutte le avversità, desidera moralmente compiere il suo dovere, consegnare il suo pacco.
Chuck Noland è un eroe del cinema contemporaneo, ma prima ancora un esempio di dedizione senza tempo, che ci auguriamo che ci ispiri anche in un periodo delicato come quello che viviamo ogni giorno.
Enrico Banfo