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Amicizia Uomo-Aquila in Abel – Il Figlio Del Vento

È dal 29 settembre al cinema Abel – Il Figlio Del Vento, il risultato di una fusione tra un lungometraggio e un documentario sulla natura e della collaborazione di due grandi professionisti: il fotografo naturale Otmar Penker e il regista Gerardo Olivares. Girata tra Austria e Italia  (nella Defereggen Valley nel Tirolo austriaco e nella Ahrntal Valley nel Sud Tirolo italiano), questa pellicola è una intensa favola di scoperta e di speranza. Protagonisti sono Jean Reno, Tobias Moretti e Manuel Camacho.


L’aquilotto più forte è destinato a scacciare dal nido il fratello più debole: questo è solitamente ciò che accade quando due piccoli di aquila si trovano a condividere lo stesso nido. Spesso accade anche tra gli uomini che, a ferirli, siano proprio le persone più vicine. Lukas (Manuel Camacho), infatti, soffre a causa della freddezza che il padre (Jean Reno) mostra nei suoi confronti successivamente alla dolorosa perdita della moglie, morta nel tentativo di salvare il piccolo Lukas da un incendio. Il bambino porta sulle sue giovani spalle il peso della morte della madre.

La storia della nostra aquila ha inizio nel nido in cui è nata. L’aquilotto primogenito scaccia il fratello più debole dal nido condannandolo a morte certa una volta caduto nel bosco. Ma il destino dà una mano al piccolo rapace: Lukas trova l’aquilotto, lo chiama Abel e decide di prendersene cura in segreto, offrendogli tutto l’amore e la compagnia che gli sono invece negati a casa. Sarà pronto Lukas, quando arriverà il tempo di restituire Abel alla natura selvaggia dalla quale proviene, a cominciare una nuova vita?

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Nel 2011, Otmar Penker e Gerald Salmina decidono di combinare la loro esperienza nell’ambito delle riprese naturali a un copione destinato ad un lungometraggio. L’idea principale era di girare un’avventura tra le Alpi Europee che avesse come protagonisti un’aquila e un uomo: “Era la prima volta che riprendevo un’aquila come protagonista di un film – racconta Otmar Penkeruna cosa inusuale, anche perché le riprese che prevedono la presenza di questi rapaci necessitano di molto tempo e di onerose risorse finanziarie”.

Per girare un film con queste particolari caratteristiche è stato necessario instaurare un approccio inusuale alla produzione. Solitamente il primo passo nella creazione di un film è la stesura della sceneggiatura, ma in questo caso è stato necessario partire dagli aspetti che riguardavano le riprese nella natura, soprattutto per via della grande quantità di tempo necessaria a Otmar Penker alla realizzazione delle riprese della vita selvaggia degli animali nel loro habitat. Una grande sfida, sia per la quantità di materiale necessario da portare sul set, sia per raggiungere il set stesso: “dovevamo camminare attraverso il poco praticabile territorio alpino per molte ore, arrivando spesso a raggiungere i nostri limiti fisici” aggiunge Otmar Penker.

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A gennaio del 2012, il produttore e autore Joanne Reay ha iniziato a lavorare alla sceneggiatura del film. Il centro dal racconto doveva prendere spunto dal fenomeno del “Cainismo”: si tratta di un comportamento diffuso in natura e osservato spesso nei rapaci che consiste nella lotta tra i piccoli appena nati per affermare chi tra di loro è il più forte e adatto a sopravvivere e a portare avanti la specie.

Questo comportamento è tipico ad esempio delle aquile reali: quando le uova di una covata si schiudono, il più forte cerca di annientare il più debole gettandolo al di fuori del nido e condannandolo a morte certa. Questo è il destino dell’aquilotto più debole, a meno che qualcuno non intervenga in suo soccorso. Da qui è venuta l’idea di inserire nella trama di Abel il figlio del vento l’inaspettato intervento da parte di un umano che, per fatalità, si imbatte nell’aquilotto precipitato dal nido e decide di prendersene cura. Questo evento sarà fondamentale per la vita dell’aquilotto, ma anche la vita del suo salvatore prenderà grazie al rapace una piega inaspettata.

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Volevamo che a emergere fosse l’incredibile relazione che si instaura tra un umano e un animale selvatico – conclude Gerald Salmina volevamo che si vedesse la magia di questo evento, la comunione di spiriti che si viene a creare tra i due protagonisti nonostante i diversi linguaggi e mondi di provenienza”.

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