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La ferocia nazista in Campania nel Terra Bruciata! di Luca Gianfrancesco

In occasione del 25 aprile Festa della Liberazione, e nel 75° dell’armistizio dell’8 settembre ‘43, arriva al cinema Terra Bruciata!, il film documentario di Luca Gianfrancesco che propone una pagina inedita del racconto resistenziale e dell’invasione nazista nel nostro Paese. Il film è distribuito da Istituto Luce Cinecittà, che fornisce anche materiali dal suo grande archivio storico, sarà nelle città italiane a partire da Roma, il 19 aprile, in un lungo tour di proiezioni evento e teniture che nella settimana della Liberazione toccherà naturalmente Napoli, Caserta, la Campania, per poi arrivare a Milano, Torino, Bologna, Firenze e diversi altri centri.


La mattina del 1° novembre 1943, a Conca della Campania, un minuscolo borgo della provincia di Caserta, 19 civili vengono trucidati da una pattuglia di militari tedeschi. Graziella Di Gasparro, figlia di uno dei caduti, lotta da anni per tener viva la memoria di quell’eccidio dimenticato. L’assassinio del padre di Graziella fu il terribile epilogo della brutale occupazione del territorio che l’esercito tedesco mise in essere in tutta la Campania centrosettentrionale, a partire dall’8 settembre, data dell’armistizio. Il casertano – primo territorio italiano ad essere dichiarato “Zona di Operazioni” – dovette sperimentare la devastante onda d’urto delle leggi di guerra germaniche che si accanirono contro la popolazione civile. L’esautorazione delle istituzioni, le razzie dei beni di consumo, il rastrellamento e la deportazione degli uomini abili verso i campi di lavoro in Germania – furono circa 21.000 – la devastazione degli impianti produttivi e delle abitazioni civili sono le condizioni nelle quali maturarono le ragioni che diedero vita alle prime azioni di resistenza organizzate dai civili in Italia.

Dopo le Quattro Giornate di Napoli, a Riardo, un piccolo centro a pochi chilometri da Capua, una banda Partigiana riesce a scacciare con le armi i tedeschi dalla cittadina. Mentre le istituzioni e gli abitanti di Tora e Piccilli, con il silenzio, salvano una cinquantina di ebrei dalla deportazione. È proprio in risposta a questa insubordinazione, ormai diffusa sul tutto il territorio, che i comandi tedeschi danno libero sfogo un inedito campionario di violenze contro la popolazione civile, il primo laboratorio di future violenze che devasteranno il paese. Da qui nasceranno anche alcune delle prime forme di resistenza, ribellione e solidarietà, segni del nostro ‘Secondo Risorgimento’, da cui nascerà l’Italia democratica. La lotta di Graziella di Gasparro, dopo oltre 70 anni dalla strage di Conca, può trovare oggi la sua vendicazione.

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Quella raccontata da Luca Gianfrancesco è una pagina poco frequentata dalla storiografia e dall’attenzione politica: il dramma delle violenze naziste perpetrate all’indomani dell’8 settembre nelle Terre di Lavoro, nella Campania centro-settentrionale, e degli episodi di resistenza e ribellione all’esercito tedesco da parte delle popolazioni locali. Un racconto che allarga significativamente il racconto resistenziale anche al Mezzogiorno d’Italia, spesso sottratto alla considerazione generale della nostra Liberazione, e arricchisce preziosamente la storia dell’occupazione nazi-fascista in italia con una geografia nuova, nuovi episodi e nuovi elementi di analisi.

Immagini di memoria, racconto originale, interviste a esperti e testimonianze dei protagonisti, per narrare come l’autunno nella Campania del ’43 fu la prima apparizione della violenza sistematica dei nazisti in Italia, un laboratorio dove si esperirono dinamiche che sarebbero esplose a Nord; e fu il tempo e il luogo dove episodi come la solidarietà per gli ebrei di Tora, la rivolta di Riardo, e le Quattro Giornate di Napoli, rappresentarono un esempio, una scintilla di rivolta e difesa dall’occupante. I segnali, anche nel meridione, di quella risalita che avrebbe portato alla nascita dell’Italia democratica. Una memoria necessaria quindi, che arricchisce una storia cardine della nostra identità, e si estende anche a quel Sud troppe volte non compreso nelle dinamiche unitarie del nostro Paese.

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Come spiega lo stesso regista, l’idea del film nasce da due esigenze: “la necessità di raccontare una storia inedita ai più e incomprensibilmente sfuggita ai radar della grande storia e della politica e, di conseguenza, rimossa dalla memoria collettiva e individuale del nostro paese e l’urgenza di rendere giustizia agli ultimi superstiti di una vicenda che, a più di settant’anni di distanza, può ancora aiutare da un lato a comprendere meglio le radici di quella metamorfosi che trasformò una presenza militare “pacifica” o, in alcuni casi tollerata, in una brutale repressione contro popolazioni inermi, che, oltre alla distruzione del tessuto economico ed industriale, costò la vita a un migliaio di civili, e dall’altro può fornire dati importanti sulla genesi delle Resistenze civili ed armate, che videro come protagoniste intere comunità della Campania centrosettentrionale”.

L’autunno del 1943, con il drammatico passaggio del fronte e la scia di sangue che ne conseguì in tutto il territorio che va dalla provincia nord di Napoli fino a Cassino, è stato “inspiegabilmente vittima di un colossale lavoro di rimozione. Eppure, in quei tre mesi e mezzo che occorsero agli alleati per raggiungere le pendici di Montecassino sono racchiuse alcune delle chiavi di lettura che, a mio modo di vedere, sono cruciali per comprendere a pieno le dinamiche che trascinarono, in seguito, tutto il paese in quella terribile spirale di violenza che causò più di 20.000 vittime civili”.

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Nei tre anni che sono occorsi a Luca Gianfrancesco per raccogliere tutte le interviste e girare le ricostruzioni in costume, e allo storico Giuseppe Angelone per portare a termine un lavoro di ricerca sistematico sulle dinamiche dei singoli episodi e sulla conta delle vittime, il dato sorprendente è stato “trovare tanti ultraottantenni che, a dispetto del silenzio delle istituzioni e di una buona parte della storiografia, da anni non aspettavano altro che qualcuno ascoltasse le loro storie, custodite nella memoria vivida e drammatica di uomini e donne che, a settant’anni di distanza, ricordano con dolore e, in alcuni casi, con rabbia quegli episodi che cambiarono per sempre la loro esistenza. Questo film è dedicato soprattutto a loro e alla speranza che attraverso le loro voci si possa giungere alla costruzione di una memoria condivisa, che possa finalmente includere il Meridione d’Italia nel racconto del difficile e tragico percorso che condusse alla liberazione del paese”.

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