Stephen King

Stephen King, il Re dell’horror, il padre di Shining

King di cognome, King di fatto. Nel senso letterale, un Re. Di un genere, l’horror, che lui ha scritto e riscritto in modo unico attraverso i suoi romanzi (oltre 500 milioni di copie vendute, un numero che fa altrettanta paura). Tutti testi che hanno arricchito non solo lui, ma anche il cinema e tutti gli appassionati dei film dell’orrore. Stephen King nasceva a Portland esattamente 70 anni fa. Una data che ha cambiato per sempre la storia delle storie del brivido. Fantasia e realtà che King ha saputo coniugare grazie al suo genio ed alla sua innata capacità di scrivere.

Stephen King

Stephen King

Dal foglio al piccolo e grande schermo

Scrivere fiumi di parole che hanno provocato terrore, inquietudine, adrenalina. Visioni oniriche e fantasmi che hanno sfidato le tenebre, le ombre, più genericamente, il Male. I testi di King hanno così ispirato e suggestionato  grandi registi del cinema e della tv che hanno portato sul grande e sul piccolo schermo i suoi libri (delle sue oltre ottanta opere, quasi tutte sono state trasposte): da Brian De Palma – che nel 1976 diresse il suo primo successo, Carrie – Lo Sguardo di Satana – a David Cronemberg (La Zona Morta, 1983), da John Carpenter (Christine – La Macchina Infernale, 1983),  a George A. Romero (da Creepshow, 1982, a La Metà Oscura, 1992) da Tobe Hooper (da Le Notti di Salem, per la tv, 1979, a The Mangler, 1995), da Rob Reiner (il più poetico Stand By Me – Ricordo di un’Estate, 1986 e il terribile Misery Non Deve Morire) a Frank Darabont (su tutti Le Ali della Libertà, 1994 e Il Miglio Verde, 1999).

Oltre 40 anni di successi

L’elenco va avanti (pochi autori letterari – a parte William Shakespeare, Agatha Christie e Arthur Conan Doyle – hanno avuto un numero paragonabile di adattamenti), anche perché i romanzi e i racconti di King continuano ad influenzare nuove generazioni di registi che spesso hanno girato nuove versioni dei vecchi successi cinematografici basati sui suoi scritti (leggete qui il nostro articolo su tutti i remake dei film dai suoi romanzi). Testi che  talvolta lo stesso King ha sceneggiato (come il recente Cell di Todd Williams, 2016) e che continuiamo a vedere al cinema da oltre quarant’anni. Se nel mese scorso è uscito in sale La Torre Nera di Nikolaj Arcel – tratto dalla serie di libri che lo stesso King considera “la madre di tutte le mie storie, il grande contenitore della mia opera” – nel mese che verrà è già ai massimi livelli l’attesa per It, il film horror diretto da Andrés Muschietti che porta al cinema uno dei suoi capolavori più amati e terrificanti (già cult fu la versione per la tv di Tommy Lee Wallace del 1990 con Tim Curry).

"Shining"

“Shining”

Shining: S.K. v.s. S.K.

Crederete che siamo a pazzi a dimenticarci di colui che – concedeteci qualche piccola preferenza – consideriamo uno dei massimi pensatori del Novecento: Stanley Kubrick. E quindi, ovviamente, Shining. Ne vogliamo parlare a parte perché quel testo, del 1977, quest’anno compie 40 anni. Un testo che fece scontrare l’autore e il regista, tanto che King nel 1997 approvò una versione (terribile) per la tv non avendo mai sopportato la pellicola che uscì nel 1980, pietra miliare del cinema horror con un immenso Jack Nicholson. S.K. contro S.K. Stephen contro Stanley, King contro Kubrick: Shining ha rappresentato uno dei più grandi scontri tra geni.

Il romanzo

Ad aver ispirato King è stato, ironia del destino, lo Stanley Hotel a Estes Park, in Colorado. Un gigantesco albergo circondato dalle montagne rocciose che ogni gelido e nevoso inverno è costretto a chiudere e ad incaricare un custode per svolgere attività di manutenzione. Rielaborando molto della sua vita privata (soprattutto il difficile rapporto con il padre), in Shining (che in Italia fu pubblicato la prima volta come Una Splendida Festa di Morte) King ha ambientato la storia nel fantasioso Overlook Hotel, un albergo (costruito su un cimitero indiano) all’interno del quale, nel corso degli anni, sono avvenuti numerosi omicidi e suicidi. Per Jack Torrance, scrittore alcolizzato e padre violento in cerca di ispirazione, l’incarico come custode dell’albergo è un motivo di riscatto. Per questo porta con sé la famiglia, la moglie Wendy e il figlioletto Danny.

Lo Stanley Hotel a Estes Park, in Colorado

Lo Stanley Hotel a Estes Park, in Colorado

Lo Shining

Quest’ultimo ha un potere, ovvero lo Shining (nel romanzo tradotto l’aura, nel film la luccicanza), la possibilità di vedere e provare situazioni del passato o del futuro. Una capacità che condivide con Mr. Halloran, il cuoco dell’hotel. Sin da subito Danny sa che l’Overlook ha al suo interno un’entità maligna che, inevitabilmente, si impossesserà di suo padre Jack il quale, entrato in contatto con il fantasma del vecchio custode Delbert Grady, si sentirà in dovere di sterminare la propria famiglia. Alla fine Jack morirà tra le fiamme dell’incendio causato dall’esplosione della caldaia, mentre Wendy e Danny, raggiunti da Halloran, si metteranno in salvo fuggendo con il gatto delle nevi.

Il film

Come gran parte dell’opera di Kubrick, Shining verte essenzialmente sul tema dell’identità che si gioca attraverso la comunicazione: tra marito e moglie, tra i vivi e i morti, tra il presente e il passato. La pellicola di Kubrick meriterebbe, per significati, simboli e tecniche realizzative, uno spazio a parte. Ma oggi è la festa di King, per cui ne sottolineeremo solo alcuni aspetti. Prima di tutto riportiamo l’elogio dello stesso Stanley Kubrick, che in un’intervista dell’epoca disse:

“Il manoscritto del romanzo di King mi sembrò una delle più ingegnose ed emozionanti storie del genere (…) conteneva un equilibrio straordinario tra l’elemento psicologico e quello soprannaturale, costruito in modo tale che il soprannaturale sarebbe stato spiegato alla fine dall’elemento psicologico…ciò permetteva di sospendere ogni dubbio sul soprannaturale, fintanto che non ci si era talmente calati nella vicenda da accettarlo quasi senza farci caso”.

Stanley Kubrick sul set del film

Stanley Kubrick sul set del film

237-217: differenze

Stanley Kubrick (aiutato dalla sceneggiatrice Diane Johnson)  seguì sostanzialmente la trama anche se in realtà, stando a quanto disse un irritato e delusissimo King, “la stravolse”. Nel film diversi elementi del libro non ci sono: dalle siepi-animali-animate del labirinto che attaccano Danny alle api e le vespe del tetto che lo pungono; dalla caldaia e l’ascensore mal funzionanti all’archivio dell’albergo dove Jack scopre vecchi delitti iniziando a sprofondare nella follia. Ma soprattutto – oltre al fatto che la stanza maledetta nel film è la 237 e non la 217 – diverso è il finale: Halloran viene ucciso da Jack che in seguito muore di freddo nel labirinto, mentre la sua famiglia si mette al salvo. Scelte sostanziali e stilistiche che Kubrick adottò non solo per esprimere il proprio estro, ma anche per non spiegare tutto, lasciando il pubblico sbigottito e libero di dare la propria interpretazione.

Univoco è invece il giudizio su Shining: un capolavoro. Sia la versione libro, sia la versione cinematografica. Clamoroso esempio di incontro/scontro tra titani, tra narrativa e settima arte. Per me vinceranno sempre entrambi.

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