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Treno di Parole, il viaggio nella poesia di Raffaello Baldini

Sabato 20 ottobre, in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, presso l’Auditorium Parco della Musica, verrà presentato Treno di Parole, l’ultima opera dietro la macchina da presa di Silvio Soldini. Con questo film documentario il regista intende fare conoscere da vicino al grande pubblico una figura per molti aspetti straordinaria, uno scrittore e giornalista purtroppo poco noto: Raffaello Baldini. Nonostante l’impegnativa scelta di usare nei suoi versi il dialetto del suo paese, Santarcangelo di Romagna, Baldini è considerato da molti esperti uno dei massimi poeti dell’ultimo Novecento. Con i preziosi contributi degli attori Ivano Marescotti, Gigio Alberti, Silvio Castiglioni, Rudy Gatta.

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Raffaello Baldini e la genesi del documentario

Considerato dalla critica uno dei più grandi poeti italiani della seconda metà del Novecento, sono in pochi, in verità, a conoscere Raffaello Baldini. Ciò è sicuramente dovuto allo scoglio del dialetto romagnolo e all’inevitabile ma riduttiva etichetta di “poeta dialettale”. In gran parte però dipende dal fatto che ha sempre e solo scritto poesia, anche con i suoi monologhi. E la poesia, di cui pur tanto il mondo oggi ha bisogno, non è più popolare. Ecco perché si è deciso di realizzare questo film: nell’assoluta convinzione che la sua opera, attualissima, debba e possa conquistare un pubblico più ampio. Il film documentario Treno di Parole, nato da un’idea di Martina Biondi, ruota attorno alla sua opera poetica e drammaturgica, attingendo alla grande varietà di materiale che lui ci ha lasciato: le registrazioni delle poesie lette dalla sua stessa voce in dialetto santarcangiolese e in italiano, i filmini in 8 mm da lui girati negli anni ’60- ’70, le sue fotografie, gli appunti-audio con cui fissava le idee per poesie e monologhi, le riprese effettuate nelle scuole in cui era invitato a tenere letture, le interviste radiofoniche e televisive.

L’idea è restituire lo sguardo del poeta, partendo dal microcosmo di Santarcangelo e dalla sua terra, per arrivare a Milano, città di adozione. A tale proposito, in un’intervista rilasciata alla Radio svizzera, Baldini ha spiegato come sia più facile raccontare quel che succede in un paese vivendo altrove. Ovvero, per lui, a Milano. Per farlo porta un esempio: “è come per una montagna, solo da lontano puoi vedere veramente com’è fatta”. Dal suo osservatorio emergono i grandi temi umani: la solitudine, lo spaesamento, le nevrosi quotidiane, l’amore, la morte, il perdono… il tutto pervaso da una grande e leggera ironia. La sua visione del mondo si confronta e si arricchisce attraverso le testimonianze di chi lo ha conosciuto personalmente in ambito poetico, teatrale e giornalistico.

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Il poeta in un documentario d’autore

Baldini è nato nel 1924 a Santarcangelo di Romagna (Forlì) e si è formato in seno a un gruppo di intellettuali e poeti dialettali, E’ circal de’ giudéizi, Il Circolo del giudizio”, di cui Tonino Guerra fu forse l’esponente più noto al grande pubblico grazie alla sua attività in campo cinematografico. Del gruppo, che si riuniva presso il Caffè Trieste, gestito dai genitori di Baldini, facevano parte anche Nino Pedretti, Gianni Fucci, Flavio Nicolini e Rina Macrelli: tutti, in seguito, si sono fatti strada nel mondo della cultura e dell’arte e quasi tutti hanno avuto un ruolo importante per lo sviluppo della letteratura neodialettale. Raffaello, per gli amici Lello, ha vissuto buona parte della sua vita a Milano, lavorando prima da copywriter e poi come giornalista per le pagine della cultura del settimanale Panorama. Chiunque lo abbia conosciuto lo descrive come un uomo schivo, riservato, meticoloso nel lavoro, timido, ma anche capace di sorprendenti exploit e della più acuta ironia. Lo si poteva trovare in redazione, barricato dietro a pile di quotidiani, mentre intonava arie d’opera a gran voce. Nessuno sapeva che di nascosto scriveva poesie e, solo dopo i cinquant’anni, ha pubblicato a proprie spese la prima raccolta di versi, che ha destato subito l’interesse del mondo letterario. Da quella prima edizione, ogni nuova raccolta è stata un successo, sottolineato da importanti premi.

Il dialetto, i luoghi

Perché la scelta del dialetto alle soglie del Duemila? Perché Baldini ha rinunciato alla possibilità di essere divulgato e riconosciuto, non solo in ambito nazionale? Che differenza avrebbe fatto se si fosse espresso in italiano? Sarebbe stato possibile? Inoltre la sua opera non non si riduce a guardare al passato con nostalgia, anzi, è attualissima: dunque Baldini era uomo antico o al passo con i tempi? In questo film documentario gli autori cercano di capirlo anche attraverso i racconti di chi lo ha conosciuto, gli amici, i colleghi, gli studiosi e gli interpreti della sua opera. La ricerca ha portato a Milano, Pavia, Bologna, Ravenna…ma soprattutto a visitare Santarcangelo e i suoi dintorni: le contrade del borgo, la Pieve di San Michele Arcangelo, il fiume Marecchia, la Valle dell’Uso, i piccoli cimiteri e la campagna. Un microcosmo che nella sua opera è divenuto luogo della mente, abitato da personaggi, poesie e monologhi teatrali.

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Le testimonianze

A Santarcangelo Silvio Soldini ha incontrato con le sue telecamere, tra gli altri, Gianni Fucci, ultimo testimone del “Circolo del giudizio”, che ha raccontato dei ritrovi di un tempo fra i giovani intellettuali romagnoli. Al Teatro delle Albe di Ravenna preziose sono state le testimonianze del regista Marco Martinelli, che ha portato per la prima volta in scena “Zitti tutti” di Raffaello Baldini e l’attore Rudy Gatta, appassionato fin d ragazzino dell’opera del poeta, di cui fu amico nonostante la differenza di età. A Bologna la troupe è andata a trovare Ivano Marescotti. Anche lui romagnolo, è stato il primo a capire quanto i versi del poeta fossero adatti a un’interpretazione in teatro. Convinse Baldini a scrivere monologhi e in dieci anni lui ne creò quattro, dalla forza tragicomica straordinaria: Zitti Tutti, Carta Canta, In Fondo a Destra, La Fondazione. Oltre a Marescotti, anche gli attori Gigio Alberti e Silvio Castiglioni li hanno portati in scena per anni e ne recitano dei frammenti davanti alla macchina da presa di Silvio Soldini. Ermanno Cavazzoni e Daniele Benati ricordano il primo incontro con il poeta. Ci spiegano di come sia riuscito a parlare di temi nuovi nel dialetto antico: nessuno lo aveva mai fatto prima.

A Milano, tappa obbligata da Franco Loi: il poeta dialettale milanese rimase colpito dall’umana ironia dei versi di Baldini e dopo avere recensito le sue poesie su Il Sole 24 Ore, il giornale su cui ancora oggi scrive, divenne suo caro amico. Gli scrittori e noti architetti Giancarlo Consonni e Graziella Tonon raccontano dei ritrovi fra poeti dialettali a Milano: ognuno scriveva nel dialetto della propria terra e Lello era sempre il più originale. E poi i suoi “vicini di scrivania” a Panorama, il giornale per cui scriveva dal 1968. Valeria Gandus e Roberto Barbolini lo ricordano come il redattore culturale più apprezzato, garbato, discreto e anche esigente, ma pronto ad accendersi in improvvisi lampi d’ironia. La forza di questo film documentario, oltre che dalle testimonianze, deriva dalla ricchezza dei materiali ritrovati, emozionanti perché riflettono lo sguardo lucido e unico di questo poeta. Ne evocano la presenza.

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Silvio Soldini racconta…

Raffaello Baldini aveva un’umiltà di fondo, un interesse verso le piccole cose della vita, un tono umano e sussurrato, un’idea del lavoro poetico come lavoro solitario e dialogo continuo con sé stessi, una semplicità di esposizione e di pensiero per niente semplici da raggiungere. Tutte cose che – nel mondo d’oggi – non fanno parlare di te. Nonostante l’irresistibile umorismo che contraddistingue la sua opera. Questo film vuol fare rivivere la realtà di un poeta attraverso il suo sguardo sul mondo. Vuole indagare nelle pieghe di quello che Baldini ci ha lasciato per capire e scoprire. Vuole trovare la poesia negli accostamenti, nel bianco e nero delle sue immagini. Perché Baldini non ci ha lasciato solo parole, ma anche fotografie e filmini 8 mm che mostrano uno sguardo estremamente preciso, lucido, insolito per un uomo di lettere. E ci ha lasciato la sua voce che legge e racconta – come solo lui sa farlo – le sue poesie. Credo che la cosa più bella e più emozionante sia farsi portare per mano, da lui stesso, nel suo mondo, tra i suoi personaggi, i suoi famigliari, i suoi paesaggi santarcangiolesi, le sue storie. E farci raccontare da lui”.

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