Come da copione, più o meno. Che i principali protagonisti della serata dei David di Donatello sarebbero stati Paolo Sorrentino e Paolo Virzì, lo si sapeva. Uno spavento di nomination che si sono poi tramutate in un punteggio di 9 a 6 per il regista campano. Un duello serratissimo, un testa a testa che ha visto i due premi più importanti andare praticamente ad entrambi: Miglior Regia per La Grande Bellezza e Miglior Film a Il Capitale Umano. Due riconoscimenti sostanzialmente interscambiabili (no?), una soluzione che ha accontentato tutti e due e ha giustamente messo sotto i riflettori del gradino più alto le due pellicole senz’altro più belle dell’ultimo anno. Paolo contro Paolo: per sintetizzare, useremo in seguito le sigle PS e PV.
Cast eccezionali con attori in stato di grazia e tutti premiati, da i non protagonisti (Fabrizio Gifuni e Valeria Golino per PV), a quelli protagonisti (Toni Servillo – PS e Valeria Bruni Tedeschi – PV). Se il film di PS, anche forte del recente Oscar, è stato un gradino sopra a livello scenico-fotografico a quello di PV, non si può parlare di vera e propria sfida tra le due pellicole. Due storie che raccontano la stessa cosa, in fondo. Una società in ginocchio, smarrita, devastata, crudele, spietata, patetica, odiosa, nostalgica. Un’immagine resa talmente bene, che anche negli Usa si sono inchinati (tra Academy-PS e Tribeca Film Festival-PV).
La vera bellezza di questi due lavori sta nella loro drammatica verità. Una verità romanzata (in PV), talvolta anche eccessiva (soprattutto in PS), ma comunque d’impatto. Lo spettatore riflette sulla situazione di questo Paese, su come certi valori siano andati in fumo. La cultura ad esempio, sotterrata in tutte e due le storie. La ricerca della bellezza (d’immagine) e del confort, presente in tutti e due, e ben rappresentata da Servillo e Bruni Tedeschi. Entrambi i personaggi, annoiati da tanto agio, vorrebbero tornare alle loro imprese intellettuali giovanili: scrivere un libro lui (Jep Gambardella), tornare in Teatro lei. Ma il Teatro nel film viene venduto, chiude, crolla, diventa polvere, aria, non esiste più.
E poi l’egoismo di questi tempi e il senso di vuoto che ci circonda. Il cinema italiano di ieri sera deve pensare più a queste storie che ai loro interpreti. La passerella è meritata, per carità, ma va messa in secondo piano rispetto ai messaggi di questi film. Durante la cerimonia dei David di Donatello, forse abbiamo visto tanti, troppi sorrisi. Il cinema non era solo in quella festa di invitati (eccezionali, ripetiamo). Il cinema è fuori che scalpita, tanti ragazzi aspettano i mezzi per esprimersi, per raccontare nuove idee. Bisogna pensare anche a loro, agli emergenti. Non dimentichiamoci che il cinema è cultura, e che la cultura è anche economia. La presenza in platea del Ministro della Cultura Dario Franceschini può essere preso (ed è stato sottolineato durante la cerimonia) come un segnale positivo.
Oltre ai flash e alle battute (a mio parere forse qualcuna di troppo nel momento di ricordo per Carlo Mazzacurati), solo in pochi momenti è stato lanciato qualche messaggio “sincero”. Mi viene in mente il Premiato Regista Esordiente Pif, che ha sottolineato al Presidente di BNL come la sua Banca non gli abbia finanziato il film; mi viene in mente Occhipinti che ha manifestato il suo desiderio, come Lucky Red, di poter distribuire molti film italiani in più; mi viene in mente Stefano Accorsi che sul finale ha quasi steso un velo pietoso sul divario tra il sistema cinema francese e quello italiano.
La festa però – giustamente – era la festa. Resta da augurarsi che la fresca, divertente e scorrevole serata dei David di Donatello possa essere stata utile non solo per le celebrazioni ma anche per la macchina cinematografica italiana. Soprattutto per la vittoria di due film epocali, storici e imponenti come La Grande Bellezza e Il Capitale Umano, tecnicamente superbi, ma con un bel messaggio dentro. Dopo aver vinto a Venezia (Gianfranco Rosi con Sacro Gra), a Los Angeles (Oscar a Sorrentino), e dopo il riconoscimento alla Rohrwacher a Cannes (Le Meraviglie), le basi sono ottime. Ora serve accelerare, sfruttando in pieno questa onda positiva.
Giacomo Aricò