Una commedia agrodolce. Un film con un finale amaro. Una storia romantica, forse un po’ troppo mielosa. Un pepato thriller estivo. Gli esempi possono continuare, ma il concetto è già chiaro: molto spesso, descrivendo un film, usiamo dei termini che utilizzeremmo anche per descrivere un cibo che mangiamo. Quando ci gustiamo un film – simbolicamente – l’esperienza è la stessa di un assaggio. Ogni pellicola, proprio come ogni piatto, ha una sua storia, un suo gusto e un suo sapore (che, di conseguenza, ci emozionano o meno). Il lunedì sera, su Gambero Rosso Channel (canale 132 e 412 di Sky) va in onda in prima serata (ore 21.30, e on demand su Sky Go) Come Ti Cucino Un Film, il programma ideato e condotto dal critico enogastronomico e critico cinematografico Marco Lombardi dove Cucina e Cinema confluiscono per ottenere un modo nuovo di raccontare e accostare uno chef e i suoi piatti ad un film o una serie televisiva.
Intervista a Marco Lombardi
Come Ti Cucino Un Film è una serie – pensata non solo per gli amanti dell’Arte Culinaria, ma anche per gli amanti della Settima Arte (a proposito, stasera andrà in onda la puntata dedicata al film Greenland con Gerard Butler, chissà che piatto diventerà…) – nata da la Cinegustologia, un progetto ideato nel 2007 da Marco Lombardi. Ho avuto il grande piacere di parlarne con lui, anche per approfondire il legame tra Cinema e Cucina.
Caro Marco, momento delicatissimo. Sei un critico enogastronomico e un critico cinematografico. Per fronteggiare la situazione, sono chiusi i ristoranti e sono chiusi i cinema. Volevo partire da qui, chiedendoti cosa provi…
Sono un ottimista, e quindi innanzitutto dico: mettiamocela tutta e portiamo pazienza, questo periodo difficile finirà. Aggiungo poi: anche se l’esperienza di un ristorante e di un cinema sono impagabili, a casa si può comunque vedere un buon film, magari associandolo a una cena ad hoc. Con la Cinegustologia.
Passiamo al tuo programma, Come Ti Cucino Un Film. Le puntate ci hanno fatto scoprire diversi film attraverso piatti e ricette. Com’è nato questo programma? E soprattutto, come si cucina un film?
Il programma nasce da 13 anni di Cinegustologia, cioè da un progetto prima sperimentato con successo presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, poi divenuto saggio nel 2009, poi materia universitaria presso l’Università Suor Orsola Benincasa (Cinema ed enogastronomia) e in Sapienza (Radiogustologia), poi trasformatosi in un secondo saggio (La Cinegustologia e il Media Entertainment), infine approdato a Gambero Rosso Channel. La Cinegustologia nasce dal bisogno di parlare di cinema in modo più libero e soggettivo: il racconto di un film attraverso i soliti “binari linguistici” (la regia, le interpretazioni, la sceneggiatura, le musiche) c’impedisce di dire bene cosa proviamo, quando invece il bisogno istintivo di descrivere un film attraverso dei sapori e delle consistenze (una pellicola può essere dolce, amara, cruda, dura, piccante, balsamica, pungente, ecc) evidenzia il comune bisogno di fantasia e libertà espressiva. Nel programma Come Ti Cucino Un Film chiedo di cucinare allo chef ospite – di volta in volta legato, da un punto di vista creativo, alle pellicola analizzata – 3 piatti che al loro interno contengano i sapori e le consistenze che io ho immaginato in 3 suoi personaggi, o in 3 suoi temi, o in 3 suoi stili.
Nella tua continua ricerca, com’è mutato il legame tra Cinema e Cucina in questi oltre 10 anni? Penso soprattutto al modo in cui sono cambiati i film nell’ultimo decennio, alla commistione di generi, al montaggio e al modo di fare e produrre cinema…
Sono cambiati entrambi, in termini di complessità creativa: è come se il cinema avesse al suo interno più ingredienti, e la tavola più visioni della vita e del mondo, fra il biologico e gli influssi delle culture altre. È questo il motivo che spiega la loro sempre maggiore capacità di dialogo: i potenziali punti di contatto, in termini socio-culturali, sono più ampi di un tempo.
Proprio nel 2009 usciva in sala Julie & Julia, con un monumento assoluto come Meryl Streep. È uno dei tanti film che parlano di cucina (tra gli altri, sempre più frequenti, ricordo Il Sapore Del Successo con Bradley Cooper, Chef – La Ricetta Perfetta, Amore Cucina e Curry con Helen Mirren), senza dimenticare le serie tv (penso a Downton Abbey che ora pubblica sempre più volumi con i ricettari). In che modo il cinema ha “accompagnato” la crescente attenzione verso la cucina dell’ultimo decennio? Il food e i cooking show hanno invaso sempre più tv ed edicole…
In un altro mio saggio, Gustose Visioni – Dizionario Del Cinema Enogastronomico, quella che io chiamo “la bolla mediatica” dell’enogastronomia, e il suo utilizzo talora incidentale, finirà per esplodere (“Masterchef” non approfondisce la cultura del cibo, si serve solo di una argomento di moda, quale è appunto la tavola, per mettere in scena i consueti teatrini della televisione dei talent: le sfide, i litigi, i tradimenti, ecc). Fortunatamente esistono dei programmi che invece raccontano la cucina in modo serio, e pure dei film che se ne servono non solo per andare a toccare degli ulteriori target di pubblico, ma come mezzo espressivo per raccontare un ambito culturale e un periodo storico, oppure per fare politica o evidenziare, attraverso il cibo, lo sviluppo di un personaggio.
Da Il Pranzo di Babette a Chocolat: anche in questo caso parto da due esempi per parlare di quei film più “attempati” che hanno saputo parlare di ricette e cibo. Tu a quale sei più legato?
Sono d’accordo, entrambi sono un po’ datati, in più non rientrano nella mia top ten, ma se proprio devo scegliere dico Il Pranzo di Babette: attraverso la concessione della buona tavola, all’interno di una comunità di stampo bigotto, si sdogana il fatto che non solo il piacere sia nemico del bene, anzi, che solo provandolo saremo più capaci di dare e fare del bene agli altri/per gli altri.
I grandi piatti non mancano anche in altre pellicole non incentrate sul tema del cibo. Penso alla mega spaghettata di Alberto Sordi in Un Americano a Roma, o al mitico ragù alla bolognese che ogni tanto si vede nel cinema di Pupi Avati. Sono tutti momenti, questi, in cui allo spettatore viene fame, ingolosito dalla pietanza che viene inquadrata per un attimo (in primo piano o che addirittura resta sullo sfondo). In questo senso, ci sono dei momenti in film “non a tema cucina”, che ti fanno sempre ingolosire ogni volta che li rivedi? Quali sono?
La mozzarella in carrozza di Ladri di Biciclette: in mezzo a un oceano di sofferenza e d’ingiustizie quella mozzarella, cioè il cibo, è l’unico momento di piacere, e di dignità. Ma perché mettere in scena quel piatto e non un altro? Ecco, qui si apre un’altra frontiera della Cinegustologia, esplorata da La Cinegustologia e il Media Entertainment: la scelta di un piatto ha un valore semantico, cioè un senso, rispetto alla scena rappresentata? Io credo di sì: quella mozzarella racconta, attraverso la croccantezza del fritto, la spensieratezza di quel momento, ma il suo filare infinito richiama un elastico teso a riportarci al “fuori”, cioè al dramma della vita, come se dicesse al bambino “attenzione, si tratta di un momento d’evasione che presto finirà”. Lo stesso dicasi dei tanti celebri spaghetti di Miseria e Nobiltà: in un film in cui i poveri vorrebbero essere ricchi, e i ricchi (forse) poveri, quel piatto rappresenta il groviglio sociale di quella situazione. Pure viscido, cioè sfuggente, visto che ognuno sembrerebbe voler abdicare alla propria identità.
Pochi giorni fa era il 30° anniversario della morte di Ugo Tognazzi, un personaggio che ha lasciato il segno non soltanto in ambito cinematografico, anche culinario (la cucina è stata la sua grande passione, espressa anche in progetti editoriali). Che ricordo hai di lui?
Ai tempi non ero ancora così infervorato in tema di cibo, sicché mi sono perso questa (interessantissima) parte di Ugo: i suoi libri in tema di cucina, in effetti, sono addirittura avanguardistici. Ma a ricordarmela, ogni volta che vado a Velletri a trovare il figlio Gianmarco, che è un amico, è il suo tinello, quello in cui si è girata la scena della pistola di Dillinger è Morto: ancora oggi sembra un laboratorio di sperimentazione. Come pure i vini de La Tognazza che sempre Gianmarco ha saputo traghettare da un limbo di familiarità, a un terreno enologico di assoluto interesse.
Un buon vino, un buon piatto, un buon film. Tre modi diversi di gustarsi la vita e per provare emozioni. Per te esiste un podio, o metti questi tre piaceri allo stesso livello?
Nessun podio, tre diversi modi di entrare in contatto con la bellezza dell’esserci, in questo tanto bistrattato mondo.
Per tutti coloro che ora passeranno più tempo a casa, non posso non chiederti, infine, qualche consiglio su piatti e film da abbinare. Considerato anche il momento, ce ne suggeriresti almeno tre?
Il consiglio che posso dare è di ricercare una sorta di associazione cinegustologica con il film che si è deciso di vedere. Volete guardare una commedia romantica, dolcemente tenera e aromatica? Una torta e un bicchiere di Moscato d’Asti potranno essere i giusti compagni di visione. Volete vedere un film comico, ma poi vi accorgete che la storia, e i dialoghi, sono un po’ esagerati, cioè troppo grassi? Aprite una bollicina bella secca che vi ripulisca, insieme al palato, anche occhi e orecchie. Se poi proprio non riuscite a trovare la giusta associazione per assonanza, oppure il giusto abbinamento per contrasto, scrivete a film@cinegustologia.it: se lo farete con il dovuto anticipo, saprò indirizzarvi!
Intervista di Giacomo Aricò