(foto di Lorenzo Santagada)

Siamo Come Genova – Intervista a Paolo Santamaria: “Gli Ex-Otago cantano la voglia di futuro”

(foto di Lorenzo Santagada)

Dopo l’anteprima nazionale del 2 febbraio al Seeyousound di Torino e a pochi giorni dalla chiusura del 69° Festival di Sanremo a cui hanno preso parte con il brano Solo Una Canzone, dal 18 al 20 febbraio gli Ex-Otago arrivano al cinema con il documentario Ex-Otago – Siamo Come Genova diretto da Paolo Santamaria, un viaggio che ci porta alla scoperta della band ligure, tra racconti, ispirazioni e retroscena. Il film, alla presenza della band ligure, dall’11 al 20 febbraio è in tour cinematografico nelle principali città italiane.

Nella prima parte della nostra intervista a Maurizio Carucci, il cantante del gruppo, ve ne avevamo già parlato. Ma per entrare ulteriormente nel vivo di questo documentario ho deciso di fare una bella chiacchierata con il regista, Paolo Santamaria.

Siamo Come Genova, un racconto lungo due anni, da Marassi a Corochinato. Che viaggio è stato per te come regista e come uomo?

Questo documentario è stato per me il miglior modo per scoprire Genova, una città che prima non conoscevo. L’avevo sempre “sfiorata”, ci sono passato vicino in macchina, ma non mi ero mai fermato per visitarla e conoscerla. Addentrarmi nei suoi vicoli, scoprire che vita c’è a Genova, mi ha molto stupito perché è una città particolarissima. Soprattutto ai miei occhi, visto che provengo da un piccolo paese di montagna. Quindi per me è stato un grande impatto. Ha un’identità unica, variegata, dall’impronta quasi meridionale, è piena di contrasti, non smette mai di stupire. È questa la ricchezza, come uomo, che mi ha dato questo viaggio a Genova, una città portatrice di una multiculturalità incredibile, sempre in evoluzione, che nel corso di secoli ha accolto popolazioni diverse.

Da qui il titolo Siamo Come Genova

È un titolo bellissimo, per me era fondamentale che comparisse “Genova”, una città fuori dagli schemi. E questo essere fuori dagli schemi è anche la prerogativa degli Ex-Otago. 

Il regista Paolo Santamaria con gli Ex-Otago

Il regista Paolo Santamaria con gli Ex-Otago

Cosa rappresentano per te gli Ex-Otago?

Suonano da tantissimi anni e adesso stanno vivendo il loro momento di massimo splendore mediatico. Per anni sono rimasti nella loro nicchia, un po’ a sé stanti, un po’ cocciuti come gli asini che vediamo nel film. Questa loro testardaggine nel prendere decisioni è la loro particolarità e la loro forza. È il loro modo di essere e di presentarsi, di non scendere a compromessi, seguendo sempre il loro immaginario e la loro filosofia di vita. Questa è la loro forza, anche se non è sempre in linea con le logiche del marketing musicale. È stata questa loro particolarità il quid per iniziare questo film e questo racconto, un racconto per niente banale.  

Maurizio, la voce, ma anche Simmi, Fra, Olmo e Rasho. Nel film hai dedicato un capitolo a ciascuno di loro. Cinque anime diverse che però ne formano una ben riconoscibile che, nonostante l’evoluzione artistica e un grande riconoscimento del pubblico, è rimasta fedele a se stessa (“tu non tardirti mai“, da La Nostra Pelle). Sei d’accordo?

Assolutamente. Ognuno di loro ha una propria personalità. Ovviamente Maurizio – che insieme a Simmi (Simone Bertuccini ndr.) è il padre fondatore della band – è colui che scrive i brani, dando voce e anima al gruppo. Allo stesso tempo però, e questo l’ho visto nel loro modo di interfacciarsi, Maurizio ha molto a cuore anche il parere degli altri. Ogni canzone nasce da ognuno di loro. E ognuno di loro è unico, ha un proprio percorso di vita, un proprio percorso sia di studio che lavorativo. Ciascuno apporta il proprio modo di essere, senza tradire se stesso. Rappresentano ingredienti diversi di un unico piatto. Gli Ex-Otago sono la metafora di Genova: nessuno tradisce le proprie origini e la propria visione. Questa eterogeneità è tipica di Genova, è tipica della loro musica e del loro essere. Sono cittadini del mondo. 

Marassi

Marassi

Un gruppo musicale ma anche un gruppo di amici, tra di loro, ma anche amici nostri, di chi li ascolta, di chi li segue da sempre o anche solo da pochi giorni. Dal “non-concerto” al Circolo degli Amici di Marassi al Porto Antico, alla Notte di Capodanno. Tutti luoghi dove li vediamo fondersi con gli spettatori, “alla stessa altezza”. Tra questi momenti l’esibizione nel carcere è stata particolarmente toccante…

Senza dubbio. Nel film ho scelto di mettere l’esibizione di “Stai Tranquillo” perché mi sembrava quella più vicina allo stato d’animo d’inquietudine dei detenuti che li ascoltavano, non c’erano barriere tra loro e gli Ex-Otago. La vicinanza con il pubblico è una prerogativa di tutto il movimento musicale underground, o indie, chiamiamolo come vogliamo. Come racconta Maurizio Carucci nel film, quando si sono trovati a suonare in situazioni disagiate – in piccoli circoli davanti a pochissime persone – hanno vissuto esperienze che li hanno arricchiti e li hanno abituati ad avere un’umiltà molto diversa da chi esce da un talent e crede di essere subito una popstar assoluta. Gli Ex-Otago invece amano la vicinanza del pubblico. È il calore del pubblico che dà la forza di macinare chilometri su chilometri, di girare l’Italia. Se non ci fosse questo “scambio” di energia, tutto perderebbe di significato.

Piccola digressione. Pochi giorni fa è finito il Festival di Sanremo, gli Ex-Otago hanno simbolicamente (ma non solo!) abbracciato tutti, anche chi li ascoltava e votava da casa. Era Solo Una Canzone, ma le emozioni che si sono create sono state tante. Tu hai girato anche il videoclip di questo brano, ce ne vuoi parlare? Come hai tradotto in immagini queste emozioni?

Questo videoclip l’ho girato con il cuore. Già durante le riprese del documentario, appena ho ascoltato Solo Una Canzone l’ho subito “sentita” dentro. Mi sono ritrovato molto nelle parole e in quello che da queste scaturiva. Avendo vissuto una situazione simile, mi sono ritrovato a riflettere su tutta una serie di dinamiche della coppia, senza trovare delle risposte. Come suggerisce il brano, penso alla perdita della complicità, alla rabbia che si viene a creare quando ci si trova in una situazione di stasi. L’affetto sempre maggiore che si prova verso la persona con la quale convivi o porti avanti la tua esistenza, inizia ad andare in crisi, vacilla, entra in conflitto. È una situazione molto comune nelle relazioni eppure è sempre stata poco raccontata e indagata. Questa canzone affronta questa fase e nel videoclip ho cercato di renderlo attraverso il viaggio in auto di un uomo che ritorna a casa, divorato dalla nostalgia per quella che sembra essere stata una relazione ormai finita. Ha vissuto un distacco e tutto lascia credere che la sua compagna non sia più a casa ad attenderlo. Invece c’è. Solo che lui non sembra vederla e viverla come nella fase iniziale della loro storia.

Tornando al film, direi che ci sono due colonne sonore. Una composta delle canzoni degli Ex-Otago, sia registrate sia “live”, l’altra composta invece dei suoni di Genova. Le auto, i mezzi (con i loro motori, i clacson), le onde del mare, i versi dei gabbiani. Una Genova “mista”, con tante sfumature, che ci parla, con una sua voce e una sua “musica”, il real sound della vita. Tu come la descriveresti questa “city soundtrack”?

Genova è stata da un lato una musa e da un altro lato l’amplificatore del gruppo, come una cassa di risonanza. L’idea era quella di far percepire in che modo la musica degli Ex-Otago nascesse dalle sfumature che questa città offre e che in particolare ha offerto a loro negli anni, da quando sono nati al presente. L’eterogeneità musicale/strumentale/espressiva del gruppo è un frutto di Genova. È questo il vantaggio di nascere in un luogo così cosmopolita e ricco di input: le differenze, le diversità e le varietà arricchiscono sempre.

Maurizio invece compone circondato dalla Natura.

Volevo raccontare questa sua dualità, l’opposizione tra la città con i suoi rumori e la casa isolata nella natura in cui vive (Cascina Barbàn, ndr.), sui monti, un locus amoenus, una località bucolica. Una doppia anima, che è anche la doppia anima di tutto il gruppo, che descrive molto bene l’ultimo album Corochinato: c’è una parte più romantica contrapposta ad una più ballata e danzereccia, “da Riviera”.

(Foto di Marco Triolo)

(Foto di Marco Triolo)

Il tuo film diverte e distende, ma fa anche commuovere. Il finale sul Ponte Morandi è da brividi. Eppure è proprio in questa parte conclusiva che forse sta il messaggio del film: la voglia di futuro. Un aspetto che ho visto anche nelle inquadrature, ampie prospettive, campi lunghi, le riprese aeree. Una Genova solare, illuminata dal sole anche d’inverno, una città che parla anche attraverso i primi piani degli spettatori, si vedono occhi che hanno voglia di farcela, di vivere pienamente la vita. Volevo sapere cosa ne pensavi..

Era importante trasmettere un messaggio di futuro, di speranza, di crescita e di voglia di fare. E non solo legato al Ponte Morandi, ma anche legato alla loro musica. Le canzoni degli Ex-Otago sono emozionanti, ti smuovono sempre qualcosa di positivo dentro. Raccontare la tragedia del Ponte era però doveroso e necessario. Questa tragedia per me è l’emblema di quella parte di società italiana che spesso si accontenta e non si fa domande, vivendo nel proprio piccolo. Questo individualismo dilagante non ci sta facendo del bene, dovremmo al contrario interrogarci su quello che ci viene proposto e che ci viene richiesto. Dovremmo farci una nostra idea, da portare avanti, dovremmo combattere per creare un senso civico differente. Il Ponte Morandi per me rappresenta questo, la mancanza di un’identità unica e di un senso comune che non può e non deve affiorare soltanto quando accade una tragedia o uno scandalo, per poi spegnersi subito dopo. Per questo motivo non ho voluto descriverlo legandolo solo al dolore: quel Ponte deve essere un monumento per ricominciare e, in tal senso, l’inquadratura finale è molto chiara. Vediamo il Ponte spezzato, rotto, morto. Ma lo vediamo ricongiungersi con il palazzo vicino: questo per me significa guardare avanti, rappresenta uno sguardo nuovo e più consapevole. È l’unico modo per ricostruire un futuro onesto e dignitoso che sia fatto con le proprie forze.

Intervista di Giacomo Aricò


Gli Ex-Otago

Gli Ex-Otago esordiscono nel 2002 con l’album The Chestnuts Time, nel 2007 pubblicano Tanti Saluti, seguito da Mezze Stagioni nel 2011 e In Capo Al Mondo nel 2014. La formazione odierna è composta da Maurizio Carucci, Simone Bertuccini, Francesco Bacci, Olmo Martellacci e Rachid Bouchabla, con la quale dal 2016 iniziano la collaborazione con l’etichetta bolognese Garrincha Dischi e la torinese INRI. Escono così i singoli Cinghiali Incazzati, I Giovani D’Oggi Quando Sono Con Te tratti dall’album Marassipubblicato nel 2016 in licenza per Universal. Il successo di questo disco ha permesso agli Ex-Otago di suonare in giro per tutta Italia registrando diversi sold out nelle principali città italiane, più di 100 concerti in meno di un anno, salendo anche sul palco del concertone del primo maggio in piazza San Giovanni a Roma. La band ha inoltre collaborato con diversi artisti italiani come Levante, Caparezza, Willy Peyote e Jake La Furia per la riedizione deluxe del disco Marassi. Ora, dopo essersi classificati 13esimi al 69° Festival di Sanremo, è uscito il loro nuovo album, Corochinato e il 30 marzo inizierà il Cosa Fai Questa Notte Tour.

Ex-Otago 4

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